In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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La repubblica di Cavallaro


Il cammino del Sonu tour ha da tempo doppiato la boa del suo spumeggiante clou estivo, e prosegue in acque placide la navigazione invernale.
E' il momento di qualche riflessione su uno spettacolo che già era stato magistralmente descritto e interpretato nel momento del suo nascere, ma che poi è andato naturalmente acquisendo la sua forma compiuta e perfetta.
Vive di tre momenti distinti, a scandire una narrazione appassionante che si dipana come un romanzo dal respiro storico.


All'inizio c'è il Mito.
Giovanna è la vestale che avanza tra i fumi di scena, mentre sul ribollire primordiale dei suoni di hang e fujara si alza la sua ieratica invocazione, ed è la Genesi del suono:
"Sonu di mari, sonu di munti. Sona lu ventu, canta la terra..."
Parte con un arpeggio favoloso la canzone che con termine dotto definiremo mitopoietica, generatrice di un'epopea, è quella dei Lestrigoni fecondatori della costa jonica e immaginari artefici di una primigenia tarantella: la leggenda di Ciano, già raccontata qui, immancabilmente ci rapisce e ci proietta in un universo di epiche visioni.
E per rimanere nelle alate sfere dello spirito, cosa meglio di Citula d'argento, insuperabile archetipo musicale?
Anche Cioparella, che come una fenice si rigenera diversa ad ogni estate, è nobilitata da inedite ricercatezze nell'arrangiamento, e l'impetuosa Pe'ttia ha una maestà rusticana.
E' festa è festa dipinge un mirabile affresco di paesaggi pastorali, culminando nella chiama emozionante dei mulini (Gozza, Crochi, Rubbinu, Tumba...) che disegna i confini di un microcosmo toponomastico e sociale, vero protagonista della vicenda che il concerto va svolgendo.
Dopo Passeggera, gemma arcaica e moderna al tempo stesso, arriva un trittico di delizie d'amor cortese: Mulinarella, Tarantella nova, e poi...

Ma si approssima il momento cruciale dello spettacolo, che si rivelerà in un brano di grande spessore: Castrum Vetus scorre i secoli tra altre vicende mitiche, di pirati e briganti, fino alle concitate scene di massa, fino al grido che risuona con forza inesorabile:
"Rivoluzioni, rivoluzioni!"

Poco prima, era stato Cosimo a innescarla, la Rivoluzione, con il suo tango tarantato Gira la testa mia, in cui i moti (di rivoluzione, appunto) della Luna e degli Astri precipitano nel vorticare della gonna, proprio al centro della rota nella piazza, che fa tremare la terra e ribalta il mondo. Altro che semplice canzone d'amore! Cosimo pone la donna nel fulcro gravitazionale dell'universo contadino calabrese, riconoscimento copernicano di una radice matriarcale che da sempre è forte e vivifica.
Il riferimento della canzone di Mimmo invece è alla Repubblica Rossa di Caulonia, 1945, di cui fu artefice e leader il sindaco di allora. Che si chiamava - guarda un po' - Cavallaro.

Ed è proprio la Repubblica di Cavallaro quella che viene figurativamente proclamata a questo punto del concerto, trasparente metafora di quel che è successo davvero in fondo alla Calabria in questi anni, dall'esplosione dei TaranProject in poi.
Come ogni repubblica che si rispetti, anche la loro s'ispira a principi costituzionali, a valori che vengono richiamati e stabiliti con solenne chiarezza: ecco il medley che cita alcuni tra i consolidati successi degli anni scorsi, cominciando da quel manifesto sublime di fratellanza che è U salutu:
"Saluti, bona genti, simu amici..."
e concludendo con uno dei ritornelli più travolgenti, quello di Massaru, rilanciato con grande effetto scenografico al riaccendersi dei fari sul palco dopo l'intermezzo semiacustico, intimo e affettuoso.


Fatta la rivoluzione, instaurato un nuovo modo di vivere nella condivisione le piazze dei paesi, è l'ora del Buon Governo, che viene amministrato con consumata sapienza, consentendoci di goderci i grandi classici, gli irresistibili: Virrinedda, Spagna, Passa lu mari, Santu Roccu... e poi Vurria, Stilla chjara; unico brano relativamente recente, tra questi, è quel formidabile Stafanazzu che l'habitus della classicità l'ha indossato fin dalla sua prima esecuzione.

I titoli di coda sono ancora e sempre per il gobbetto che va alla fiera, u Jimbusedu, e per la Tarantella guappa che raduna i cuori e scatena i corpi, nell'apoteosi festosa che da cinque anni, e cinquecento concerti, si rinnova.
Siamo tutti cittadini felici nella Repubblica dei TaranProject.

La scaletta del concerto 2013

Sonu - Cianu
Citula d'argentu
Cioparella
Pe'ttia
Sona ssu tamburu
E' festa è festa
Passeggera
Mulinarella
Tarantella nova
Gira la testa mia
Castrum vetus
Medley:
- U salutu
- Corvu nigru
- Peppinella
- Malarazza
- Massaru
Virrinedda
Patruni meu
Hjuri di hjumari
Spagna
Passa lu mari
Santu Roccu
Vurrìa
Stafanazzu
Stilla chjara
Tarantella guappa - U jimbusedu

1 commento:

  1. che meraviglia, fildiferro! grazie di aver saputo, come sempre, dare un nome e un ordine a quello che abbiamo vissuto, travolti eppure, in un modo che non sapevamo dire, guidati d illuminati.

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