In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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Tarantella Nova

Quando mi chiedono cosa ci sia di così speciale, nella musica di Mimmo Cavallaro, a giustificare questa passione travolgente ed esclusiva, pesco di volta in volta, dall'universo artistico dei TaranProject, una delle tante risposte che a questa domanda è possibile dare... Ma sempre più di frequente la mia risposta fa riferimento alla voce di Mimmo, alla sua qualità di cantante: una voce che non ci si stanca di ascoltare, al cui timbro particolare e straordinariamente melodioso ci si affeziona fino a ritornarci con ascolti quotidiani che rinnovano il piacere, come avviene con poche altre voci – tra gli italiani, ad esempio, con Lucio Battisti.

La canzone che per me illustra al meglio le qualità della voce di Mimmo è “Tarantella Nova”: la prima che mi conquistò quando l'ascoltai otto mesi fa, e ancora oggi la mia canzone del cuore.
Qui trovate il link ad una versione dal vivo, impreziosita da una coda strumentale con la lira a condurre la danza.
Ma, ancor meglio, suggerisco di ascoltare la versione in studio: sul cd “Karakolo Fool” per i pochi fortunati che ci han messo le mani sopra, o almeno (in una lievemente sbiadita versione mp3) sul sito di KarakoloFool.
Ascolterete Mimmo indugiare a lungo sulle vocali esplorandone gli armonici cangianti, una gioia per l'orecchio; far schioccare le erre di “la mia chitarra”; flautare le proverbiali aspirate calabre. E converrete che non c'è lingua più musicale del calabrese ionico – o almeno questo Mimmo riesce a farci credere.

Mi piace immaginarlo nelle vesti del bardo medievale, a cantare l'amor cortese per questa meravigliosa ragazza cui si rivolge col voi, facendola oggetto di attenzioni e fantasie mai men che nobili, inventando per lei metafore che esprimono in alta poesia sensazioni che hanno radici forti nel territorio da cui scaturiscono:
solo chi conosce le fiumare, capaci di impeto selvaggio d'inverno e torridi giacigli pietrosi d'estate, può intendere quale potenza di ardente desiderio e generosa comunione evochino due fiumare che si congiungono per portare l'acqua dentro il mare;
solo chi ha idea di cosa rappresenti l'icona della Madonna per la gente della locride (ho in mente la festa del 15 agosto a Bianco) può cogliere il compimento mistico, il senso di appagamento e protezione da ogni male, che c'è nella visione di un ritratto, in mezzo alla casa, della Madonna che porta in petto l'amata.

Una menzione è doverosa anche per Andrea Simonetta, autore di un accompagnamento alla chitarra perfetto per lucentezza e misura.
Qui sotto c'è il testo del brano.
Anche in questa occasione mi sono cimentato nella traduzione in italiano, la trovate nei commenti.

Tarantella Nova

Mi dissaru ca vui non vi nda jati
Allu casali mu cogghjiti fica
e alla festa quandu vui abballati
'mmenzu alla chjazza vui faciti rota

Giuvana bella mia, cunocchja d'oru,
eu quandu guardu a vui suspiru e moru.
Cantu 'na canzuneda chjana chjana
mu ti lu dicu ca ti vogghju beni.

Coda lu suli e spunta la luna
na stida di lu celu si 'mbicina
e allu sonu di la mia chitarra
sonu di tarantella e stid'abballa

Di li massari siti la massara
e cu 'ss'occhjuzzi vui fat'arba chjara.
Giuvani cavaleri vui levati
e non patruni di brutti casati.

Nui ndi jungimu com'a ddui hjumari
e pe' portari l'acqua 'nta lu mari.
'Mmenzu 'ssa casa nc'esti nu ritrattu
di la Madonna chi vi porta 'mpettu.

E cu 'ssa saja e cu 'ssu muccaturi
balli la tarantella 'n facci'a lu mari.

20 e 21 marzo, la primavera arriva con i TaranProject

Secondo gli almanacchi quest'anno il Sole transiterà dal segno dei Pesci all'Ariete nella serata di sabato 20 marzo, e sancirà così l'inizio della primavera. Cosa meglio, per festeggiarne l'avvento, che una danza propiziatoria, ad un concerto dei TaranProject, il primo della nuova stagione?
Appuntamento in piazza ad Anoia Inferiore, piccolo borgo dell'entroterra, vicino a Polistena: per i fedelissimi della Jonica c'è da risalire da Gioiosa e oltre Mammola, i paesi di Cosimo, Giovanna e Carmelo; per i neofiti che affluiranno dal Tirreno il percorso è Rosarno-Cinquefrondi.
L'indomani, poi, domenica 21, replica metropolitana a Reggio Calabria, quartiere S.Caterina.


Sul cd “Sona Battenti” c'è un brano bellissimo che si chiama “Primavera spampanata”, una canzone d'amore a cui Mimmo dona una interpretazione di eccezionale pregio, che tuttavia non fa parte della scaletta abituale del concerto; ascoltatela dal cd, con un impianto adeguato o in cuffia: sarà come gustare un calice di buon vino assaporandone aromi e sentori, scoprirete il canto colorarsi di un caleidoscopio di armonici, dolci e profondi, come un'aurora che “si fa bella pocu a pocu”.
Mimmo, perché non proporla dal vivo, in quest'occasione speciale?

La leggenda di Taran Khan

Come Mimmo Cavallaro non manca di ricordare nelle interviste, il successo clamoroso di questi mesi è il frutto maturato durante anni di ricerca e sperimentazione musicale con i materiali della tradizione, da lui fatti oggetto di recupero, ripensamento, attualizzazione; trattati con la cura dell'archeologo alle prese con preziosi reperti del passato, rinvenuti quand'erano sul sul punto di svanire.

Nella ormai quindecennale vicenda artistica di Mimmo, tra i numerosi progetti che l'hanno visto protagonista, c'è un nome che evoca ancora un fascino particolare presso gli appassionati, e tanto più nei ricordi di chi li sentì suonare dal vivo. TaranKhan: è la loro avventura che vorrei qui provare a raccontare.

Come tutte le saghe che si rispettino, anche questa inizia nella terra dei Nibelunghi, in Germania, da dove, oltre vent'anni orsono, un giovane ardimentoso partì per far ritorno al paese degli avi materni, in Calabria, a Caulonia. Si chiamava Fabio Macagnino. Come tutti i ragazzi amava la musica, ascoltava AC/DC e Police, strimpellava vari strumenti, in particolare la batteria. A Caulonia si trovò ben presto a suonare in un gruppo che faceva cover di artisti famosi, e iniziò a frequentare il giro dei musicisti.
Un giorno agli Alfa Time, altro gruppo simile al suo, mancava il batterista: per qualche serata ingaggiarono Fabio, che così si trovò a far sezione ritmica con un bassista, il cui nome era Mimmo Cavallaro! Questo fu il loro primo incontro.
Poi Fabio entrò a far parte degli Omertha, che sperimentavano un rock cantato in calabrese, ed ebbero in quegli anni una certa notorietà (il leader era Domenico Panetta, nome ancora oggi di spicco sulla scena musicale locridea).

Di Mimmo l'aneddotica riporta che da giovane iniziò a cantare nel coro parrocchiale, e poi fu membro di vari complessi pop, tra questi appunto gli Alfa Time. Lui, da bambino, nella sua casa di contrada in campagna, alla sera si addormentava al canto meraviglioso di "Figghju figghju", intonata dalla mamma; ed aveva un nonno che girava i paesi d'Aspromonte, con la sua zampogna, per suonare nelle feste di piazza: fu da queste ascendenze familiari che gli derivò l'interesse per la musica popolare, che dapprima si esprimeva soprattutto in una instancabile curiosità, e nell'abitudine che sviluppò a raccogliere, annotare, registrare melodie e testi: un tesoretto destinato a dar rendite copiose.

Qualche anno dopo, nel 1995, Mimmo chiamò Fabio per formare i Folìa (in calabrese “nido”: ideale luogo d'incubazione di una splendida creatura musicale a venire); ne fecero parte Bruno Giurato e i fratelli Mangiola, e questa fu la formazione del primo storico concerto in cui si proposero brani della tradizione in chiave moderna, dentro il deposito dell'Agrumaria di Caulonia. I Folìa parteciparono ad Arezzo Wave 1997, con due brani tradizionali ed uno nuovo; ma il gruppo presto si smembrò.
Decisivo fu in seguito l'incontro con Eugenio Bennato, che trovandosi a Caulonia per il nascente Festival ascoltò casualmente Mimmo e Fabio suonare in un'osteria, e ne intuì subito il talento; li incoraggiò ad abbandonare definitivamente la strada improbabile del pop per imbracciare chitarra battente e tamburello, e intraprendere un cammino a ritroso dentro la cultura musicale della Locride, lungo il quale ritrovare un patrimonio dimenticato, e con esso la propria identità di uomini ed artisti.
Ancor più decisiva, forse, fu una straordinaria serata a Gerace, attorno al 2000: in quella nobile cittadella medievale si svolge la festa del Borgo Incantato - gastronomia casereccia e artisti di strada - ed in una piazza si esibiscono Mimmo e Fabio, assieme a Mastru Vicenzu da Gioiusa, autentica autorità del canto tradizionale nella Locride. E' un successo strepitoso: i nostri sono costretti a suonare ininterrottamente fino a notte fonda, ripetendo più volte un repertorio per forza di cose ancora limitato, tra l'entusiasmo degli astanti, che si scatenano in una tarantella generale: vi prendono parte giovani e adulti, anziane signore e bambinetti, è lo sprigionarsi liberatorio di un'energia popolare che era rimasta sopita da chissà quanto tempo. Fabio e Mimmo intuiscono l'enorme potenziale emotivo e di identificazione collettiva di cui la loro musica è portatrice, che ancor oggi è la carta vincente del TaranProject. E decidono di farsene alfieri.
Mettono su un gruppo, con Domenico Daniero alla chitarra: inizialmente si chiameranno Kaulon Tarantella Social Club (sul modello dei Buena Vista, forse con un pizzico di autoironia, eppure con la messa a fuoco precisa di un'identità culturale autoctona). Primi successi al Blue Dhalia, il locale di Gioiosa che è da sempre punto di riferimento essenziale per tutti i gruppi dell' Unda Jonica. Qualche mese dopo vengono chiamati per un concerto in piazza a Caulonia; serve un bassista: Fabio chiama Stefano Simonetta, che fino al giorno prima aveva suonato la chitarra e tutt'altro genere musicale. Nasce un'alchimia speciale, nascono i TaranKhan. In seguito si aggiungono Francesco Loccisano, maestro della chitarra battente in uscita dai Quartaumentata, e Daniela Bonvento, virtuosa della lira calabrese.
Da qui in avanti i concerti nelle piazze sono numerosi, e sempre premiati dall'entusiasmo e dall'affetto del pubblico.
Seguono fortunate esibizioni in Belgio, in Germania, in Francia, in particolare a Toulon nel 2003: è da quel concerto che dovrebbe esser tratto un cd live. Ma il gruppo non è del tutto convinto, qualcuno preferirebbe tornare con il materiale in studio, per un'opera più meditata. Non se ne fa nulla. L'ultimo, memorabile concerto dei TaranKhan è al Kaulonia Festival 2004. Poi ciascuno va per la sua strada.


Ma c'è un sequel: Taran-Khan – Il Ritorno.
Nel 2005 Fabio riforma il gruppo, senza più Mimmo - che sta raccogliendo un suo ensemble sotto il nome TaranProject - ma ancora con Loccisano e Stefano Simonetta, e con l'apporto decisamente eterogeneo della cantante inglese Anna Helena McLean. La scelta stilistica è di proporre musica di nuova composizione, memore della tradizione ma protesa verso una maggiore apertura degli orizzonti artistici. In pochi mesi di febbrile attività un cd è pronto, sul punto di uscire, s'intitola "Albjonica". Ma anche stavolta non uscì.
Però lo si può trovare ora sul sito di Stefano Simonetta, che scrisse musica e testi: andate ad ascoltarlo, ne vale davvero la pena!
Assaggiate almeno tre canzoni fantastiche: “Canto d'amore” “Acqua di hjumara” ed “Ex Tradition”, le prime due vi conquisteranno con la loro dolce suggestione, la terza vi colpirà per la materia incandescente di cui è composta, dapprima trattenuta e poi dispiegata in uno stile nuovo e trascinante; dopo andrete alla scoperta del resto del disco.

La parabola dei Taran-Khan è ormai conclusa. Ma la qualità della semina è garanzia della bontà del futuro raccolto.
Fabio incontrerà Cosimo Papandrea, formerà con lui i SonuDivinu, cooptandovi Carmelo Scarfò e Andrea Simonetta; Mimmo Cavallaro sarà spesso ospite ai loro concerti, gettando così le basi di un'altra meravigliosa avventura: Karakolo Fool.
Oggi di Mimmo sappiamo tutto; Fabio e Francesco continuano come Scialaruga, già autori di un pregevole cd, colonna sonora del film “Liberarsi”, cui hanno partecipato anche gli Scarma dei fratelli Scarfò; Stefano Simonetta collabora spesso con loro, e nel contempo porta avanti un progetto solista come Mujura.
Nuovi cd sono in uscita per tutti: Scialaruga, Mujura, Francesco Loccisano da solo con “Battente italiana”.
E naturalmente anche per i TaranProject: il cd live che tutti attendiamo con impazienza sarà presto realtà.

(anche questa volta devo un grazie, davvero di cuore, a Fabio: dalle sue appassionate e avvincenti narrazioni deriva la gran parte di quel che precede)

Link a Il Tesoro di TaranKhan, con ulteriori approfondimenti.
Link a L'Erdedità dei TaranKhan.
Link a Echi di TaranKhan: i filmati di tre brani dal vivo nel 2003!

Stilla Chjara

Sono tanti i momenti, durante il concerto dei TaranProject, in cui l'emozione sale: quando Mimmo inizia a cantare, quando irrompe Cosimo, quando si riconoscono gli accordi di Spagna o Mulinarella, quando ci si scatena con Corvu Nigru, quando Andrea attacca Tarantella Nova o Giovanna intona Figghju figghju, e altri ancora.
Ma ve n'è uno speciale che è nel cuore di tutti: è il momento in cui, di solito, c'è la necessità di accordare la “magica lira”, e per qualche attimo cala il silenzio tra il pubblico; poi nel buio l'archetto di Cosimo inizia ad inanellare suoni come catturasse le stelle una ad una e ne facesse una matassa, per cominciare poi a lavorarla, modellandola in una cadenza che gorgoglia come una cascatella d'acqua sorgiva d'Aspromonte.
La piazza è come incantata e subito rapita: è Stilla Chjiara, brano che vanta stuoli di innamorati (da un verso di questa canzone ha preso il nome il più numeroso e attivo gruppo dei fan su Facebook, quello creato dagli amici Vincenzo, Santo e Francesco Franco), che fa sciogliere tutti in un movimento dolce che è come una danza interiore; ci pare di essere i fiotti dell'onda del mare mossa dal vento, di cui dice il testo, e si fa palpabile un'euforica sensazione di armonia con chi ci è accanto e con il cosmo.
Chi ha assistito ad un concerto sa di cosa parlo. Agli altri il filmato qui sotto (di Arturo Vampeta) darà almeno una vaga idea.



Questo pezzo - incredibilmente - non si trova né sul cd di Mimmo né sul Karakolo Fool, è di fatto tuttora inedito. (Ma contiamo sul Live che presto apparirà!)
Ho pensato allora di riportarne qui il testo, per come l'ho potuto ricostruire. Ci sono un paio di lacune, per le quali chiedo il soccorso dei calabresi doc!
Nei commenti ho azzardato anche una traduzione in italiano: pure qui due o tre dubbi attendono competenti delucidazioni.

Stilla Chjara

Figghjola chi ti meri sa tuvagghja,
vorria mu sacciu di cu siti figghja,
'ndaviti a caminata di 'na quagghja,
quandu camini lu me cori s'assuttigghja
quandu camini lu me cori s'assuttigghja.

A menzu u mari c'è 'na villa nova,
li turchi si la iocanu a primera,
ia dintra 'ncesti 'na bella figghjola,
di nomu ca si chiama Stilla Chjara
di nomu ca si chiama Stilla Chjara.
E 'nta sta notti 'i luna balla 'na bella figghiola
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari

E porta li capiddi a la spagnola
e si li vota a la palermitana,
lu sai chi ti manca, bella, u si regina
lu stemma d'oru e la sacra curuna
lu stemma d'oru e la sacra curuna

Aquila di Palermu oi chi splenduri
oh bella di li sette cantuneri,
quandu nescisti tu nesciu lu suli
nesciru novi raggi e deci sferi
nesciru novi raggi e deci sferi
E 'nta sta notti 'i luna balla 'na bella figghjola
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari

- evviva cu bballa!
- e cu non bballa puru...

Sonau la menza notti e mi 'ndi vaju
l'occhi li dassu a tia bella ed eu nun viju,
vaju allu lettu e riposu non aju
sperandu mu fa jornu bella mu ti viju
sperandu mu fa jornu bella mu ti viju

Puru la serpi 'ndavi lu riggettu,
ma lu meu amuri non riggetta mai,
tutta la notti mi levu e m'assettu
e u sonnu all'occhji mei bella non scindi mai
e u sonnu all'occhji mei bella non scindi mai
E 'nta sta notti 'i luna balla na bella figghjola
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari

Stu 'ranu pari beddhu di luntanu,
ma di vicinu è 'na colonna d’oru
ma di vicinu è 'na colonna d’oru

Mammà, si non mi 'nsuru, eu mi la tagghiu
supra lu focadillu bella mi l'appendu
supra lu focadillu bella mi l'appendu.
E 'nta sta notti 'i luna balla 'na bella figghjiola
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari
e danza cu lu ventu comu l'unda di lu mari