
Oggi, con l'uscita dei cd di Fabio e Stefano, dopo quelli di Francesco e Mimmo, è finalmente giunto il momento della consacrazione per questo nucleo di musicisti, ciascuno a suo modo straordinario. Uniti in una fase decisiva della loro formazione, si sono poi incamminati su strade individuali, senza tuttavia mai perdersi di vista, continuando fecondi rapporti di amicizia e collaborazione; ciascuno facendo crescere secondo la propria sensibilità quel germoglio nato nei loro anni assieme, e portandolo a rigogliose maturazioni, apparentemente difformi l'una dall'altra, eppure tutte legate a condividere una matrice comune.
Che è il dialogo incessante con la tradizione musicale della loro terra:
per Mimmo Cavallaro un interrogare il passato che lo propone come l'interlocutore ed erede più naturale di una musica antica ma di nuovo attuale, nell'impulso di rinascita che lui ha saputo donarle;
per Fabio Macagnino lo strenuo ragionare di chi ha voluto riappropriarsi di una lingua madre che non era più la sua, e che una volta riconquistata diventa potente e originale mezzo espressivo;
per Francesco Loccisano l'intimo conversare che anima la dimensione tattile e corporea del contatto con la sua chitarra battente, che lui ha nobilitata dal mero accompagnamento a strepitoso strumento solista, dandole una nuova voce;
per Stefano Simonetta un intrepido e rabbioso corpo a corpo, a fior di pelle, ingaggiato con il dialetto e le tradizioni, musicali e sociali, che lo ha portato a spalancarci squarci vertiginosi e illuminanti di consapevolezza.
Quattro modi diversi di ampliare gli orizzonti della musica popolare della Locride, di rivolgerla verso prospettive impensate, di renderla perentoriamente viva e presente, di porla al centro di percorsi esistenziali: quelli degli artisti in prima persona, ma un po' anche i nostri di ascoltatori, affascinati e avvinti dalla passione.
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