Quante simbologie si concentrano nell'immagine arcaica del Mulino! Un edificio che non esiste più nella nostra vita odierna, ma che nel mondo rurale, alle cui esperienze attingono tante delle canzoni di cui qui si discetta, era al centro di molte dinamiche, sia concrete che ideali: era il luogo della trasformazione del grano in farina per fare il pane, cioè dove il frutto della Natura e del Lavoro si santifica in Cibo, quasi un'eucarestia pagana; era il luogo d'incontro a cui convergevano i contadini per portarvi il prodotto dei campi, e trattare con il mugnaio i termini di una primitiva ma sempiterna economia di scambio. E che dire del suo aspetto materiale, con la grande ruota che non poteva non richiamare alla mente la Ruota delle stagioni e del Destino?
E dunque come non pensare a chi presso il mulino viveva come a figure quasi sacerdotali, benevolenti o arcigne secondo i casi: a cominciare dal Mugnaio, l'artefice dell'opera alchemica alimentare, ma più prosaicamente anche il gretto sfruttatore del lavoro altrui; e come sottrarsi alla tentazione di immaginare la presenza di una bella fanciulla, la giovane mugnaia, che di quel luogo incarnasse solo gli aspetti gentili ed accoglienti, la “Mulinarella” ammaliatrice e desiderata?
Queste ed altre riflessioni vengono alla mente all'ascolto della canzone di Mimmo... O di Cosimo?
Eh sì, perché di canzoni intitolate così ce ne sono due, e sono completamente diverse tra loro, come il giorno e la notte, non solo per melodia e testo, ma soprattutto per atmosfere e suggestioni, e ciascuna fortemente rappresentativa della diversa e personale sensibilità artistica dei due autori.
C'è stato un periodo, ne abbiamo già fatto cenno, in cui tra Gozzansamble, TaranProject, SonuDivinu e KarakoloFool regnava una gran confusione di formazioni, e qualche appassionato, disorientato e spazientito, soleva brontolare: “Uff... sempre le solite Mulinarelle!”, sintetizzando così non solo l'intrecciarsi dei vari progetti, ma anche il senso di rimescolìo, garbuglio, frastornante andirivieni, che il girare vorticoso suggerito dall'immagine del mulino connota come cifra espressiva di entrambi questi brani.
In senso diametralmente opposto, però: vivace, ammiccante, sensuale la Mulinarella di Cosimo Papandrea; in penombra, ambigua, angosciante quella di Mimmo Cavallaro, come vedremo addentrandoci nella lettura dei testi.
Nel concerto del 2009 entrambi i pezzi erano presenti; nella scaletta 2010 è rimasta solo la Mulinarella di Cosimo. In occasione della recente serata amarcord di Locri Mimmo ha raccontato come per lui quest'ultima rappresenti la canzone emblematica della loro unione, ha riferito del piacere che prova nell'accompagnare l'amico con la chitarra battente, ritagliandosi un ruolo da comprimario che a sua volta Cosimo ricambia in altri brani.
Ma eccole in scena,
la Mulinarella di Cosimo e la Mulinarella di Mimmo.
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