la Calabria ha un corpo e balla
Roccella, 7 dicembre.
Avevo già ascoltato e riascoltato i Taranproject di Mimmo Cavallaro nello strabiliante cd ricevuto in dono da Fildiferro alla fine dell'estate.
Sarebbe stato diverso vederli e sentirli dal vivo per la prima volta?
La risposta è stata un tuffo al cuore non appena si sono accese le luci. Ecco Giovanna - non me l'aspettavo - con uno scialle bianco alto sopra le testa, roteato al ritmo vigoroso e solenne delle prime note e dei suoi passi di danza.
La musica dei Taranproject, già amata per la gioia delle orecchie e del cuore, di colpo si rivela anche musica per la gioia del corpo.
Il corpo di Giovanna non solo balla, ma recita mille ruoli trasformandosi ogni volta dal profondo: è la tiepida palpitante cioparella della mamma, la danzatrice travolgente che fa rota intorno a sè sulla piazza, lo splendente oggetto del desiderio nella tarantella della seduzione ma anche l'intoccabile sdegnosetta figlia di mastro Totò, la madre fatale di figghjiu figghjiu, la fiera pasionaria di brigante se more.
E', in un certo senso, le varie donne vere della Calabria. L'esatto contrario di una velina, se posso permettermi di dirlo: è tutta energia autentica, fatta di storia e di realtà.
Così quando il concerto finisce e Mimmo, tra gli altri musicisti, la presenta, con quali parole riuscirà a nominare il suo strumento, che è poi l'intera sua persona?
Ai cori, alle danze, all'eleganza, alla bellezza mediterranea... Tutto questo è certamente vero: mancano però le parole per dire che Giovanna "suona" se stessa senza riserve, dall'interno, stabilendo un contatto esplosivo con il corpo collettivo della piazza.
E così alla fine dimentichiamo di dire che Giovanna è anche una grande voce solista, una cantante completa, capace di passare dalla toccante sensibilità di un'antica ninna nanna allo sdegno vibrante di un canto di lotta.
C'era tutto questo, forse, nel fascio di rose rosse che le venne regalato quella sera a Roccella: "alla Giovanna d'Arco della Calabria" era la dedica.
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