Che sorpresa! sfogliare, come ogni mese, le pagine di “Blow Up”, e veder fare capolino, a pagina 13, una immagine familiare, quella dei TaranProject sul litorale locrideo.
Blow Up, per chi non la conoscesse, è la più autorevole e competente tra le riviste che in Italia si occupano di rock e dintorni, con uno sguardo spregiudicato che spazia verso le espressioni musicali più innovative, con analisi critiche approfondite e dal taglio spesso originale.
Un tuffo al cuore, dicevamo, e subito si va alla scoperta di un articolo inatteso, che sta all'interno della rubrica “Caravan”, dedicata alle musiche etniche di tutta l'area mediterranea. I TaranProject ne sono i protagonisti - accanto ad un altro gruppo italiano, i Cantodiscanto - e vengono proposti come gli alfieri che mancavano per condurre anche il grande pubblico alla scoperta una tradizione musicale, quella di Calabria, ancora tutta da valorizzare.
Inevitabili, ma comunque appropriati, i riferimenti al contesto culturale e sociale entro cui il fenomeno TaranProject si è affermato, e a quanto loro siano capaci di incidere, riqualificandoli, sui modi di aggregazione e di identificazione delle persone nelle piazze calabresi; quasi obbligato, sul piano musicale, il paragone con i TarantaPower di Eugenio Bennato, e qui l'autore dell'articolo, Dario De Marco, prende nettamente posizione: “non si offenda Bennato, ma per me TaranProject è addirittura più solido e compatto”.
Più avanti, nella descrizione del cd: “sono musiche solo apparentemente semplici, sono pezzi invece continuamente cangianti, con cambi di tempo e ritmo e armonia, e idee melodiche una dopo l'altra”; e ancora: “si aggiunga il magico suono di strumenti come la lira, la battente, la pipita, e le voci dei due leader, quelle sì ancestrali: controtempi come dio comanda, e slittamenti dell'intonazione che sono di per sé un trip”.
Fino a concludere così: “Bello, e bello ancora dopo più ascolti.”
Noi sottoscriviamo tutto, naturalmente!
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