In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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Voce, chitarra e anima

Resoconto d'eccezione della presentazione romana di Sacro et Profano. Merito di Giuseppina e Piero, cronista e fotografo speciali, perché alla qualità professionale di racconto e immagini aggiungono conoscenza approfondita e autentica passione.

Tempo fa, in un'afosa serata d'agosto, mi ritrovai con un amico a parlare di Mimmo Cavallaro e della sua "ascesa" al successo. Quest'amico mi disse:
- Beh, io preferivo Mimmo ai tempi in cui cantava "nte jhumari".
Al momento mi accontentai di una semplice spiegazione: prima dell'esplosione della musica popolare come fenomeno di massa, molti suonatori e cantatori si riunivano nelle case di campagna, e con l'aiuto del vino offerto dal padrone di casa ridavano vita tutti insieme ai vecchi canti del popolo contadino, quei canti e quelle melodie che ormai conoscono solo gli addetti ai lavori.
Qualche mese più tardi casualmente un altro amico mi segnalò un libro-registrazione di antichi canti e suonate per chitarra battente: si trattava di "A chitarra do vinu" di Valentino Santagati e Anna Cinzia Villani, ottima raccolta di canti e suonate che ebbe, fra le altre cose, il pregio di farmi conoscere e riconoscere la provenienza delle melodie della battente, oppure gli assolo degli strumenti a fiato dei TaranProject.
Oltre a questo, il testo e l'ascolto dei cd attirarono la mia attenzione verso il paziente e importantissimo lavoro di raccolta e conservazione del patrimonio musicale orale calabrese, e mi soffermai sull' indiscusso valore sociale e culturale dei ricercatori contemporanei, che salvano pezzi di storia della Calabria dall'oblio e dall'effetto nefasto della modernità.
Da casuale che era, la lettura del testo divenne importante tappa per tentare di comprendere il primo lavoro di ricerca e conservazione di Mimmo.


Appena presentato a Roma alla presenza di un'accattivante troupe del TG2, "Sacro et Profano" è una raccolta di vecchi canti di vario tipo: di lavoro, di emigrazione, di tradizione religiosa natalizia e pasquale, di amore e sdegno. E' il frutto di anni di ricerca, di registrazione di vecchi canti e di studio, e porta impressa l'esperienza derivante dalla lettura di vari testi fra i quali quello di Santagati che ho avuto la fortuna e il piacere di leggere anch'io, e che consiglio a tutti voi.
Non manca in questa raccolta la qualità degli accompagnatori ai vari strumenti (Daniela Bonvento alla lira, Cosimo Papandrea all'organetto, Francesco Loccisano alla chitarra battente, Andrea Simonetta alla chitarra classica, Gabriele Albanese ai fiati e alla direzione del coro polifonico Maria SS. del Rosario di Cittanova), non manca un'intuizione di grande respiro umano, sociale e culturale, non manca la splendida e intelligente idea di ridare voce e vita alle minoranze linguistiche calabresi, (gracaniche e arbereshe), non manca la profondità dello studio effettuato nel corso degli anni, tanto che la mini-prefazione nel libretto accluso al cd è dell'etnologo Vito Teti, non manca infine la partecipazione di rappresentanti importanti e autorevoli come il grecanico Ciccio Nucera nel canto "Amuri amuri", il calabrese arbereshe principe Francesco Maria Frega D'arberia in "Svegliati amore" e il siciliano Mario Incudine in "Emigrazione".
E ultimo, ma non ultimo, uno degli anziani suonatori di chitarra battente delle Serre Calabresi, quel Concezio Cannatelli che largamente contribuì al testo del Santagati, e che ci regala un brano per chitarra battente.


C'è in questo lavoro di Mimmo Cavallaro un ritorno alle radici, c'è un calmo e quieto riappropriarsi del tempo, della musica, delle parole e della storia.
E' insomma, il Mimmo Cavallaro che cantava "nte jhumari".
Messo da parte il tamburello e messa da parte la tarantella, quel che rimane è il suono e la poesia verace del popolo contadino... restano solo voce d'angelo, chitarra e anima.

1 commento:

  1. aggiungo questo:

    "Con questa opera, Mimmo Cavallaro si conferma come una delle figure più originali e rappresentative tra i tanti cantanti e "gruppi" etnici che hanno definitivamente restituito prestigio, dignità, valore ad una cultura musicale spesso ignorata e sottovalutata".
    Prof. Vito Teti

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