In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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Hjiuri di HjiuMari - il giorno dopo

Le pietre millenarie del Tempio di Marasà a Locri, sotto lo sguardo argentato di una luna jonica, sono state accarezzate, e risvegliate per magia. I colori, le fragranze, le emozioni: sono sbocciati, vitali e delicati, i nuovi Fiori dei TaranProject.
Ecco la scaletta del concerto, con i dieci brani nuovi.

Oilì Oilà
U salutu
Passeggera
Perla d'argentu (Cosimo)
L'aroggiu d'amuri (Cosimo)
Lu massaru
Parrami di lu suli
Santu Roccu

Ninna nanna (Giovanna)
Cugnu di li trona
Vorria (Giovanna)
Sapuri di pajisi
Citula d'argentu (Cosimo)
Pizzicarella (Cosimo)

Spagna (Cosimo)
Mulinarella
Stilla chjara (Cosimo)
Mariola
Brigante se more (Giovanna)
U jimbusedu

La prima impressione - ad un ascolto ahimè approssimativo, via internet - è che la qualità sia immutata ed eccelsa, ma che quest'estate ci potrebbe essere un po' più da ascoltare e commuoversi, e un po' meno da ballare. O forse così sarà fino a che i nuovi brani non scenderanno nelle piazze, dove la dimensione da recital, perfetta per il contesto in cui li abbiamo conosciuti ieri, potrebbe mutarsi in altra più corporea e partecipata.
Il Tour estivo è in partenza. Ora i nuovi fiori, dopo aver lambito le nobili pietre elleniche, troveranno dimora tra i sassi e le vene d'acqua che scendono a mare, e saranno allora compiutamente "Hjiuri di HjiuMari".
Fiori di artisti sopraffini, fiumare di passione popolare che travolge i paesi della Locride.
Giusto il tempo di prender confidenza, di mandare a memoria i testi, di lasciare che le melodie ci entrino nel sangue...

Il primo autorevole commento apparso sul web è di Gianluca Albanese.
Qui sotto le impressioni di altri amici che erano presenti.

"Hjiuri di HjiuMari" - TaranProject Special Event!


Il mazzo rigoglioso dei TaranProject si arricchisce di nuovi splendidi fiori, i brani inediti preparati per il Tour estivo 2010.
Sono Fiori di Fiumare, come dice il titolo dell'evento, e verranno offerti per la prima volta al pubblico nella cornice suggestiva degli Scavi Archeologici di Locri, lunedì 28 giugno alle 21,30.

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Vurria sapiri cu...

In principio era il Ritmo.
E' così che è cominciato, per cento volte, il concerto dei TaranProject, con Alfredo Verdini che accarezza e frusta il suo tamburello.
Il Ritmo è la Terra, scabra e grumosa. E subito si odono zampilli e gorgoglii: è apparsa l'Acqua, ha la purezza cristallina dell'arpeggio alla chitarra di Andrea Simonetta.
Poi nasce potente e dolce la Vita, è la voce di Mimmo Cavallaro, che enuncia la domanda di tutte le domande:
Vorria sapiri cu ha formatu lu mundu...


Noi la risposta la sappiamo: sei tu, Mimmo, che stai dando forma al mondo, con l'incanto della tua voce.
E infatti subito con gesto scultoreo michelangiolesco sbozzi “lu mari e puru l'unda”, e con pennellino fine raffaellita disegni “la barchetta pe' ci navigari”; con maestria “la luna tunda tunda” e con grazia “li stiduzzi pe' ci l'adornari”.
I sospiri sono vento, le lacrime fiumare, e vengono così enunciati i temi dell'amore e del volo, del mare e della lontananza, che ci accompagneranno per tutta la serata.
Quando poi sorge il suono ammaliante della lira ecco la Poesia, la Bellezza. E il mondo è bell'e fatto.
C'è ancora il tempo di una esortazione: “Fatti 'na finestra pe' l'orienti”, in cui al metaforico invito a volgersi verso il nuovo sole nascente si mescola la concretissima indicazione a schiudere le imposte, dalla costa ionica, verso il mare a Est, scrutare l'orizzonte e udire il richiamo dell'amato.
Ma la canzone si chiude su una nota di sospensione, come molti dei testi di Mimmo: “Ti chiamu e non mi senti”, che lascia aperto il cuore alla trepidazione. E' il luminoso viatico alle emozioni che ci attendono con i brani a seguire...

Lu Cantu di lu Marinaru

Vurria sapiri cu ha formatu lu mundu
cu tantu bellu l'ha saputu fari
cu tantu bellu l'ha saputu fari

Cu ha formatu lu mari e puru l'unda
e la barchetta pe' ci navigari
e la barchetta pe' ci navigari

Cu ha formatu la luna tunda tunda
e li stiduzzi pe' ci l'adornari
e li stiduzzi pe' ci l'adornari

Cu ha formatu a tia jianca palumba
patruna di lu cielu e di lu mari
patruna di lu cielu e di lu mari

Tu si luntana e non mi poi vidiri
ma fatti 'na finestra pe' l'orienti
ma fatti 'na finestra pe' l'orienti

Si mina ventu su' li mei suspiri
e si fa caddu è lu meu focu ardenti
e si fa caddu è lu meu focu ardenti

Si l'acqua di lu mari vidi usciri
su li lacrimi mei hjiumari currenti
su li lacrimi mei hjiumari currenti

Si senti 'ncuna vuci all'aria jiri
sugn'eu bella chi ti chiamu e non mi senti
sugn'eu bella chi ti chiamu e non mi senti

I Magnifici Sette ...e l'Ottavo!

Or non è molto abbiamo celebrato l'ingresso ufficiale del settimo membro nei TaranProject, e già c'è da dire dell'ottavo!
No, non mettetevi in agitazione, nulla che vi sia sfuggito... Perché l'ottavo di cui parleremo non è un nuovo strumentista. E' un po' come il dodicesimo uomo in campo, di cui talvolta favoleggiano le cronache calcistiche: il Pubblico.
Tutti sappiamo del rapporto particolare che lega i TaranProject a chi li segue. Ma il privilegio di cui ho goduto nello scorso mese di aprile, di poter essere presente in rapida sequenza a quattro esibizioni in situazioni totalmente differenti, mi ha consentito di rendermi conto di quanto l'audience e il feeling con essa siano determinanti nel rivelare ogni volta una dimensione diversa delle canzoni e dei musicisti.

Dagl’innamoramenti subitanei, suscitati in molti occasionali visitatori del Vinitaly a Verona, li ho visti tornare all’amore consolidato e sempre più apertamente manifesto delle piazze della Locride. Un amore che Mimmo e i suoi musicisti visibilmente ricambiano, con straordinaria capacità di accogliere, mettere a fuoco, elaborare e trasfigurare in sintesi artistica le emozioni che scorrono forti e profonde tra il palco e il pubblico: sia lo stuolo degli adepti che li seguono ad ogni esibizione, così come chi, più semplicemente, trova in questa occasione di incontro e ballo in piazza l’opportunità di lasciar tacere per una sera l’imbonimento televisivo, e vivere assieme ai propri compaesani un’esperienza di comunicazione autentica.
A Bianco i fuochi d’artificio, che di questo paese sono il segno distintivo, hanno salutato l’ingresso in scena dei due maestri: Mimmo Cavallaro, che nelle risonanze ecumeniche della sua voce melodiosa catalizza le correnti emotive, per restituirle in magnificenza; e Cosimo Papandrea, sanguigno tribuno che tiene in pugno la folla, arringandola con la sua mimica irresistibile e con l’incanto sonoro dell’organetto e della lira calabrese. A Bruzzano, l'indomani, i sette, un po’ provati dalle fatiche, si sono offerti in totale scioltezza e ricettività al caldo abbraccio del pubblico, e ne hanno tratto la carica per una performance intensa e memorabile.
Di Chivasso, pochi giorni dopo, ho già detto; ma c'è stato un episodio, tra i tanti straordinari accaduti quella serata, su cui vorrei tornare.
Sta per iniziare il concerto: si spostano i tavoli, si fa spazio per il ballo; qualche animo si surriscalda, nasce quasi una scaramuccia con chi non vuol rinunciare al posto a sedere in prima fila; l'organizzatore dell'evento, a sua volta innervosito oltre misura, minaccia brutalmente di pagare i musicisti e rimandarli a casa se gli spettatori non si dislocheranno come lui ha stabilito. L'atmosfera è un po' tesa, quasi sgradevole.
E' proprio Mimmo, con la sua voce pacata e i suoi modi di naturale gentilezza, ad invitare tutti a disporsi serenamente all'ascolto, e con l'economia di parole che lo distingue, ma che non gli impedisce affatto di essere penetrante nel suo dire, esorta i presenti ad esser comprensivi.
Lo fa aggiungendo alla frase di rito un minuscolo pronome, che ne spalanca il significato:
“Cercate di comprenderVI” - dice - e cioè: non solo, banalmente, di capire; ma di includervi l'un l'altro, di porvi in reciproca attenzione, di raccogliervi attorno a quello che Francesco Franco, con formula mirabile, ha definito “l'albero della nostra condivisione”. L'effetto è immediatamente pacificante, e al resto pensano poi i suoni meravigliosi della lira, delle voci, del gruppo, per una serata che si concluderà in totale armonia, con tutti a ballare in una gigantesca rota.

Ai concerti dei TaranProject ho incontrato bellissime persone: a cominciare da chi è al loro fianco, come il tecnico Filippo Montalto, che non vuol mai apparire ma la cui presenza è fondamentale garanzia di riuscita, o l'instancabile Pino Carella, con le sue tante iniziative; e poi i quattro cavalieri del “Danza cu lu ventu...” fan club:
Vincenzo, che sta imparando la lira, Santo, che per tutti è ormai “lu monacu”, Francesco Franco, che al blog ha regalato riflessioni illuminanti, e Cosimo, più schivo ma non meno coinvolto; e ancora Giupi, ragazza di grande sensibilità e innumerevoli talenti, autentica forza della natura; e poi Barbara, la vulcanica giornalista, che ha dato il via al divertimento che impazza in questi giorni sulla bacheca del fan club. Qualcuno intona un paio di versi di una canzone, qualcun altro gli va dietro, si formano catene che si intrecciano come ghirlande, una variopinta polifonìa che ci tiene stretti gli uni agli altri nell'attesa di luglio.
Così, tedofori di una gioiosa staffetta, stiamo portando la fiaccola sempre accesa della nostra passione al di là di questo mese di pausa.
Poi riprenderemo a seguire i concerti. Tutte le sere, e ci saranno anche Giuseppina, la pasionaria della tarantella in arrivo da Saronno, e Rocco, il ballerino di Chivasso, e ci ritroveremo tutti.
Qualcuno – dal di fuori - tornerà a non capire, a domandarci perché andiamo ogni sera a sentire le stesse canzoni, e com'è che non ci stanchiamo mai...
E noi (vero, Giupi?) risponderemo così:
Quando si scopre un Universo dove si è felici, colmi di bellezza, non si vorrebbe mai starne lontani...

'nu Sonu Divinu!

Quello dei TaranProject è un castello delle meraviglie, che affonda radici vive nella tradizione musicale della Locride. Due sono i meastosi bastioni che lo innervano di linfa pregiata: ad uno presiede Mimmo Cavallaro, cresciuto attraverso le esperienze con Folìa e TaranKhan, di cui abbiamo già diffusamente parlato; l'altro fa capo a Cosimo Papandrea, e con il fascinoso nome di SonuDivinu emerse prepotente, dalla terra di cui si era da sempre nutrito, nell'anno 2005.
Per narrare questa storia c'è da tornare a dove eravamo rimasti con la storia precedente.
Completata la registrazione del cd Albjonica nell'estate 2005, e dopo un ultimo straordinario concerto a Siderno, anche la seconda incarnazione dei TaranKhan si scioglie: Fabio Macagnino rimane solo, e riprende il suo ideale girovagare alla ricerca di nuove suggestioni sonore.
E' il Natale 2004 quando, all'osteria Micuicola a Marina di Gioiosa, conosce U Caddararu, suonatore di organetto e cantante d'occasione nei locali, nelle feste e negli incontri conviviali. Il soprannome di Caddararu gli viene dal mestiere di famiglia, i Papandrea, che appunto stagnavano le caldaie in cui si bolliva il maiale; Cosimo, fin da ragazzo, raccoglie frotte di ascoltatori entusiasti attorno ad un repertorio basato soprattutto sulle tradizionali muttette, largamente improvvisato, estemporaneo e diseguale, nel quale già baluginano due grezze pepite, Mulinarella e Corvu Nigru, sia pur in versioni molto diverse da quelle che ora conosciamo. Fabio intravede l'enorme potenzialità, artistica e comunicativa, del personaggio, e gli propone di accompagnarlo con il tamburello; Cosimo, probabilmente consapevole di quanto quella dimensione fosse ormai angusta per il suo talento, accetta – e l'abbinamento funziona, eccome! Le canzoni vengono messe ben a fuoco, sfrondate e rese più incisive, e il duo prende il volo.

Fabio pensa di aggiungere chitarra e basso, ma Francesco Loccisano e Stefano Simonetta, suoi compagni nei TaranKhan, hanno ormai intrapreso una diversa e prestigiosa via, entrando nel gruppo di Eugenio Bennato. Gli viene in mente che Stefano ha un fratello che anche lui suonava: Andrea Simonetta, che aveva studiato la chitarra classica in gioventù, suonato per un periodo nei pianobar, affiancato qualche volta il fratello Stefano nei TaranKhan, ma poi appeso la chitarra al chiodo quando s'era iscritto all'università.
Ci piace immaginare la scena come in un western con Clint Eastwood: alla richiesta di Fabio, che sa evidentemente toccar le giuste corde emotive, Andrea appoggia la (immaginaria) sigaretta al tavolo, imperturbabile stacca la chitarra dal muro, con gesti calmi e sapienti la spolvera e la lustra, e socchiudendo gli occhi sibila: “conta su di me”; si calca il cappello in capo, sale sul suo cavallo (questo non tanto immaginario, vista la sua foto qui accanto) e, con Fabio al fianco, si avvia in campo lungo dentro il canyon; anzi la fiumara: verso Junchi, la contrada natìa di Cosimo, dove si terrà il loro primo concerto in piazza. Andrea va così a riannodare le fila di una personale avventura musicale che credeva di aver già definitivamente abbandonato, e che invece da qui in avanti regalerà a lui grandi soddisfazioni, e a noi la felicità di godere della sua arte eccelsa dell'arpeggio.
Al basso c'è inizialmente Ilario Totino, in arte Tatatumbata, e questo è il quartetto che nel 2005 si esibisce con l'incredibile nome di Atnarat (“taranta” all'incontrario!), soprattutto in locali come il Blue Marine e lo stesso Micuicola (ora ristrutturato: ma vi si può incontrare Alessandro, che vi lavorava già a quei tempi, e volentieri li racconta come favolosi).

Ma c'è un altro filo da tessere, nella nostra storia, e narra di Carmelo Scarfò, un ragazzo di Mammola, paesino dell'entroterra, con la passione per il rock: lo ha sempre suonato con gli amici, e quando questi si sono dispersi, alla fine della scuola superiore, ha messo su un gruppo con fratelli e sorelle, e l'ha chiamato Scarma: una famiglia d'arte!
Carmelo si interessa anche della cura del sound e degli aspetti tecnici della registrazione, e di mille altre cose: ad esempio ama fare rafting, lungo fiumare e cascate, che in Aspromonte non mancano.
Un giorno si trova a partecipare ad un'escursione impegnativa, e accanto a lui c'è un signore che non ce la fa più: Carmelo, ragazzo esuberante e generoso, si offre di portargli il pesantissimo zaino, lungo sentieri impervi e pietrosi, e a fine giornata si ritrova sfinito, con le ginocchia a pezzi, a sorseggiare una birra in un'osteria di Samo, caratteristico borgo affacciato sulla fiumara La Verde; al tavolo accanto siedono due anziani del paese, uno con l'organetto e l'altro col tamburello, e suonano, incuranti del mondo che cambia attorno a loro, come immersi in un passato remoto e favoloso; Carmelo è colpito da questa arcaica visione, ma a riportarlo alla realtà è lo squillo del cellulare: lo chiamano per suonare il basso, stasera stessa, in un concerto in piazza – non capisce bene che genere di serata sarà, la linea è disturbata, ma Carmelo dice comunque di sì, perché questo è il suo carattere. C'è giusto il tempo di passare da casa, per una doccia, e ...rendersi conto che le ginocchia dolgono terribilmente! Carmelo vorrebbe richiamare quel conoscente che l'ha invitato, dirgli che proprio non ce la fa... ma non riesce a raggiungerlo. E così si sobbarca anche quest'altro impegno. Giunge sul posto, zoppicando vistosamente, e ad accoglierlo trova Fabio: con una caviglia ingessata!
Scoppiano a ridere, e ancor di più quando Fabio dice a Carmelo che suoneranno tarantelle: Carmelo non le conosce, anzi, come tutti i ragazzi della sua età, le considera un po' come ciarpame di nessun interesse, e non le ha mai suonate.
Ma soprattutto: come si potrà presentare al pubblico, ad un concerto che ha per scopo di far ballare, una sezione ritmica così combinata, un batterista col piede ingessato e un bassista con le ginocchia fasciate?
Carmelo confessa che quella fu l'unica volta nella sua vita in cui suonò da seduto - e sappiamo bene quali salti e acrobazie costellino ora ogni sua performance! - eppure fu proprio da quella giornata particolare, segnata dall'enigmatica epifanìa dei due anziani suonatori a Samo, da un concatenarsi di coincidenze, da questo flash in cui lo si vede costretto all'immobilità, che partì per lui una nuova carriera – e che carriera! Da allora in poi il suo basso potente, dinamico, fantasioso divenne un marchio di qualità universalmente riconosciuto.

Così si formarono dunque i SonuDivinu: questo il nuovo nome, che giocava sull'habitat nativo del gruppo, i locali e le osterie, eppure svelava una predestinazione a divenire presto oggetto di culto.
La parabola del gruppo intraprese un'ascesa irresistibile, fatta in seguito anche di sempre più frequenti feste di piazza, dove cominciò a radunarsi e a riconoscersi in una comune identità quel pubblico che in buona parte ancor oggi è il nocciolo duro della folla di fedeli che accompagna i TaranProject. Fu lì che giunsero a completa maturazione “Mulinarella” e “Corvu Nigru”, ed esplosero altri due classici come “Spagna” e “Japri 'ssu barcuni”: il poker di canzoni che ha consegnato definitivamente il nome di Cosimo Papandrea alla Storia della Musica, con tutte le maiuscole possibili.

A grande richiesta dei fans, i SonuDivinu assemblano in fretta un cd, con brani dal vivo, autoprodotto e distribuito solo in occasione dei concerti, che ce li restituisce in tutta la loro verve, con un sound già vicino ai futuri TaranProject, nel quale tuttavia predominano le chitarre, non c'è ancora la lira, e si coglie un feeling vagamente country.


Fabio coltiva ambizioni ancor più alte, e tutte passano attraverso l'idea, geniale e risolutiva, di cui fu il propugnatore e l'artefice: far incontrare e collaborare Cosimo con Mimmo Cavallaro, col quale – ricordiamo – Fabio aveva a lungo condiviso il cammino artistico nato con i Folìa e poi fiorito con i TaranKhan; e fu così che Mimmo venne dapprima invitato come ospite in alcuni concerti dei SonuDivinu, e poi nacquero i progetti Bassa Marea e Karakolo Fool, con tournée in Uruguay e Argentina, e uno splendido cd, ora di ardua reperibilità.
Siamo alla primavera 2009, quando dal calderone ribollente di iniziative e collaborazioni (c'è anche un gruppo di nome Gozzansamble, in cui suonano Mimmo, Andrea, Gabriele Albanese e Roberto de Angelis, percussionista ora membro di Koralira e TaranQuartet) la formazione che schizza fuori come una incandescente cometa è quella che ora tutti osanniamo, i TaranProject, con l'ingresso di Alfredo alle percussioni e Giovanna, sorella di Carmelo, al ballo e alla voce. Gli altri progetti passano inevitabilmente in seconda fila; ma andrà, almeno qui, riconosciuto a Fabio Macagnino il ruolo che è stato suo, di instancabile catalizzatore di talenti, di straordinario rabdomante di quasi tutte le vene aurifere che sono poi confluite ad alimentare l'incommensurabile tesoro TaranProject.

Ora Fabio prosegue la sua ricerca della pietra filosofale in musica lungo una diversa e promettente direzione: con gli Scialaruga compone canzoni in dialetto calabrese, rivitalizzando gli stilemi musicali della tradizione in una dimensione originale, in cui la memoria del passato diviene lucida coscienza del presente.
Lo attendiamo con impazienza all'imminente cd.
E chissà che il suo percorso artistico non torni prima o poi ad incontrare quello dei compagni con cui ha condiviso tante avventure e passioni.

Venimi a cercari, pe' mari e pe' terra...

Il sempre ottimo Sarocrissemy, con fantastico tempismo, ha caricato su youtube il video del nuovo brano, "Passa lu mari".
Il nostro Francesco Franco, con competente dedizione, ha decifrato e trascritto il testo.
Ecco qua!


Passa lu mari

Oilì Oilà, si mi vo' beni
passa lu mari e venimi a cercari.
Venimi a cercari pe' mari e pe' terra,
duvi la genti non passanu mai...

Sugnu partitu 'nta na notti scura,
n'anedu d'oru 'nta mari jettai.
Ohi mala sorti, desertu di ventu,
'nta lu me cori paura e turmentu.
Vaju a trovari 'na terra luntana,
ma 'nta lu cori mi portu a vui,
a vui chi siti a luci 'i chisti occhji
chi notti e jornu vidinu a vui...

Oilì Oilà, si mi vo' beni
passa lu mari e venimi a cercari.
Venimi a cercari pe' mari e pe' terra,
duvi la genti non passanu mai...

Sugnu sbarcatu tra Riace e Caulonia
terra del sud, e di lira che sona.
'Na tarantella a Piazza Mesi,
cu' Santu Lariu nu palestinesi;
cu' l'iracheni e nigeriani
allu Spiruni 'ndi stringimu li mani.
Nesci lu suli e ancora ballamu,
'na tarantella e no 'ndi stancamu,
'na tarantella e no 'ndi stancamu.

Oilì Oilà, si mi vo' beni
passa lu mari e venimi a cercari.
Venimi a cercari pe' mari e pe' terra,
duvi la genti non passanu mai...

Qualche precisazione:
Piazza Mese e Lu Spiruni sono due piazze di Caulonia, dove si balla in occasione del Festival di fine agosto;
S. Ilario è il santo protettore di Caulonia;
Caulonia e Riace sono i due paesi dove sono nate le più importanti iniziative sociali di accoglienza e integrazione a favore dei profughi sbarcati sulle coste della Locride, e degli extracomunitari in generale: la lungimirante alternativa jonica ai fatti di Rosarno di qualche mese fa.