Mimmo e Cosimo, Cosimo e Mimmo.... due cuori, come dice bene Giovanna ogni sera, che battono a ritmo terzinato: Tàtata, tàtata, tàtata!
Lo sappiamo da sempre che la la forza spettacolare dei TaranProject scaturisce da questo duplice pulsare all'unisono. Può un organismo vivere a lungo con due cuori? Sì, quello dei TaranProject può, e questa anomalia è ciò che lo rende unico e irresistibile.
Delle storie precedenti di Mimmo con i TaranKhan e di Cosimo con i SonuDivinu abbiamo già raccontato in altre occasioni, e di come furono l'intuizione e la volontà paziente di Fabio Macagnino, protagonista in entrambi i gruppi, a costruire le premesse del magico connubio, a renderlo possibile.
E' appunto di questo fatale incontro che qui si narra, di quando il torrente rigoglioso che scendeva dal TaranKhan si congiunse con la cascata sorgiva che zampillava dal SonuDivinu, per dar vita alla creatura formidabile che oggi si chiama TaranProject, ma che come una meravigliosa farfalla ha dispiegato le ali dopo esser stata dapprima bruco, e poi, come vedremo, perfino ...chiocciola!
I TaranKhan si erano sciolti attorno al 2004, col graduale trasmigrare di Stefano Simonetta e Francesco Loccisano verso l'ensemble di Eugenio Bennato; e Mimmo Cavallaro era rimasto virtualmente solo a perseguire in proprio l'avventuroso cammino, la risalita della fiumara della tradizione musicale locridea.
Nel frattempo Fabio Macagnino stava portando alla luce una nuova vena aurifera, il talento prodigioso di Cosimo Papandrea, con cui aveva formato i SonuDivinu, attivi dal 2006 al 2008.
Ma a Fabio, spirito inquieto, perennemente proteso ad inseguire i sogni artistici che come visioni preveggenti guidano il suo percorso, scocca la fatidica scintilla: è la primavera del 2007 quando Claudio La Camera, regista di una compagnia dal nome Teatro Proskenion, col quale già da anni Fabio collaborava, gli chiede la disponibilità a suonare al primo Festival del Teatro di Strada, a Reggio Calabria; Fabio pensa di portare con sé i musicisti che presiedono alle sue due anime più profonde: Mimmo, con cui ha collaborato per un decennio, e Cosimo, la sua recente scoperta, e di farli suonare assieme, fondendo i rispettivi gruppi. Claudio gli chiede di inserire anche qualche musicista reggino: vengono coinvolti i Sinoria del chitarrista Salvatore Familiari, e così nasce il primo embrione di quell'Orchestra di Musica Popolare su cui Fabio fantasticava da tempo.
Il gruppo prende il nome di Bassa Marea, a suggerire l'affiorare dei tesori sommersi che vengono in superficie quando l'onda si ritrae. Tre prove e via: il concerto si svolge il 1 luglio 2007 all'Arena di Reggio, ed è qui documentato da un video di non eccelsa qualità ma di eccezionale valore storico. La prima grande esibizione di Mimmo e Cosimo assieme.
Fu molto più che un trionfo: la scoperta inattesa, per una platea metropolitana, di quelle radici culturali che nella Locride già si andavano rivitalizzando, ma alle quali in città si guardava ancora con supponenza, come al retaggio imbarazzante di un passato rinnegato troppo sbrigativamente. Gli organizzatori avevano piazzato alcune file di sedie sotto il palco, e schierato addirittura un servizio d'ordine a loro difesa, ma già al terzo brano si registrò una festosa rivolta, le sedie furono accantonate, e si dovette far spazio per le danze scatenate cui tutto il pubblico si unì: un gesto liberatorio addirittura commovente, un ritrovare per incanto quel senso di comunità che in Calabria ha sempre un significato particolare. Nel corso della serata si unì al gruppo, per quattro brani, anche Eugenio Bennato, immancabile carismatica presenza in molti dei momenti cruciali delle vicende musicali calabresi. Eugenio si entusiasmò, in particolare di “Malarazza”, che subito ripropose coi suoi TarantaPower.
Altri concerti seguirono in quell'estate, in un crescendo di consensi, culminando nel Festival dello Stretto, di nuovo a Reggio, il 7 settembre. In Bassa Marea suonarono fra gli altri anche Peppe D'Agostino al bouzouki, Marinella Rodà alla voce, Demetrio Fortugno al clarinetto, Adolfo Zagari alla fisarmonica, Domenico Gervasi al flauto, Marco Modica al violino, per una formazione che contava ben 14 elementi.
Ma la strana creatura era destinata a liberarsi in fretta del bozzolo, per tramutarsi in qualcos'altro. Successe che le due componenti, reggina e locridea, non sempre si trovavano in unità d'intenti, e presto si giunse all'abbandono da parte dei Sinoria. Restano Mimmo, Cosimo, Fabio e compagnia: la Bassa Marea, ritirandosi, lascia sulla spiaggia una traccia luminescente: è la scia di una lumachina...
Karakolo Fool è il nome che la creatura ora si dà, dove Caracolo, che significa appunto chiocciola, è un riferimento all'omonima festa che si svolge a Caulonia il Sabato di Pasqua, evento di grande suggestione spirituale e scenografica, unico nel suo genere, mentre Fool si rifà alla componente teatrale, richiamando la figura proverbiale del folle scespiriano, incarnazione di un ideale di genuina e irriverente libertà creativa, che qualcuno definì “rozzezza squisita”.
Ne fanno parte, con Mimmo, Cosimo, e Fabio, Andrea Simonetta alla chitarra, Carmelo Scarfò al basso, Gabriele Albanese ai fiati e Manuela Cricelli alla voce, e inoltre gli attori Valerio Apice e Vincenzo Mercurio per l'aspetto teatrale. Nell'estate 2008 i Karakolo Fool partecipano al Tradizionandu a Cittanova, e tornano ad esibirsi acclamatissimi all'Arena di Reggio. Teatro Proskenion è il veicolo ideale per procurare al gruppo scritture importanti, anche all'estero: date in Irlanda, Germania, e addirittura oltreoceano in Argentina e Uruguay nel marzo 2009, gioiosa avventura ampiamente documentata su youtube.
Viene registrato un cd, e la presentazione ufficiale del disco è l'occasione per la definitiva consacrazione dei Karakolo Fool nella loro terra d'origine. L'evento (su youtube by Giupi!) si svolge il 7 marzo 2009 all'Auditorium di Roccella Ionica, ed è probabilmente questa la data da segnare sul calendario delle celebrazioni, quando sbocciò l'amore travolgente tra Mimmo, Cosimo e le genti della Locride. Altra indimenticabile esibizione il 20 aprile a Locri, nell'ambito della manifestazione Cantieri Culturali.
Lo spettacolo è ormai rodato a meraviglia, le canzoni sono portentose, il cd è pronto. Tutto lascia presagire che l'estate 2009 sarà intensissima per Karakolo Fool, e già si predispone con cura l'allestimento del palco, si firmano i primi contratti.
Invece segue una fase, breve e convulsa, in cui non tutto gira per il giusto verso. All'inizio dell'estate Fabio Macagnino decide improvvisamente per la chiusura del progetto Karakolo Fool.
Un'ultima traccia sul web la si trova in riferimento al concerto del 19 giugno 2009, all'interno del Carcere di Locri, ancora un evento particolare ed emblematico; ma probabilmente l'ultimo.
Molti dei brani in repertorio vengono tuttavia portati nelle piazze da Mimmo Cavallaro, che riprende la denominazione TaranProject; sempre più spesso a lui si unisce anche Cosimo, fino a formare un gruppo che ai Karakolo Fool somiglia quasi come una goccia d'acqua, se non per la rinuncia alla dimensione teatrale e agli intermezzi acustici di Manuela Cricelli, pregevole interprete dei brani di Rosa Balistreri. Manca naturalmente anche Fabio Macagnino, cui subentra Alfredo Verdini, giovane ma già stimatissimo tamburellista; alla mancanza di una voce femminile si sopperisce convocando in fretta Giovanna Scarfò, affidandole il compito di inserirsi alla meglio con cori e danze - e come la ragazza, nel giro di pochi mesi, oltre a dimostrarsi un'artista straordinaria, sia diventata una amatissima icona popolare, e il terzo cuore a battere a ritmo terzinato, è sotto gli occhi di tutti!
Quali siano state le vere ragioni di quest'ultima repentina metamorfosi è difficile dire: Fabio, con Claudio La Camera, pensava probabilmente ad un progetto di più ambizioso respiro, votato a un orizzonte internazionale, con un recital arricchito da una prospettiva teatrale e culturale in senso lato, e certamente in Karakolo Fool c'erano tutte le potenzialità per fare il botto sui palcoscenici d'Italia e del mondo. Forse l'istinto di Mimmo e Cosimo li ha spinti invece a ricercare l'immersione più profonda nella propria terra, come presentissero che il reiterare i concerti a casa propria (quasi duecento in un anno e mezzo!) avrebbe scatenato il montare di un'onda emotiva inarrestabile: chiamati, come per vocazione, a scolpire un segno di riscatto collettivo per la comunità della Locride, a porre la loro arte simbolicamente alla guida di un nuovo Rinascimento, per una regione da sempre imbrigliata nelle sue contraddizioni; e per loro personalmente ciò avrebbe significato un riscontro enorme in termini di ammirazione, affetto, sostegno, una generosa ricarica di energia creativa: oggi sono davvero pronti a rilanciarla ed affermarla su scala nazionale.
Rimpiangere quel che Karakolo Fool avrebbe potuto essere - visto quel che di stupefacente TaranProject è stato ed è - non avrebbe molto senso ora.
Della breve, abbagliante meteora Karakolo Fool rimane tuttavia, a imperitura memoria, un lascito prezioso, inscalfibile: il cd omonimo.
--- per chi ama la musica di Mimmo e pensa che tutto il mondo debba conoscerla --- per chi ha voglia di scoprire un artista eccezionale - the next Big Thing!
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Karakolo Fool – il cd
Già varie volte su queste pagine abbiamo fatto cenno a questo gioiello raro, che andò a ruba ai concerti: ne furono stampate poche centinaia di copie, e andarono ben presto esaurite. Eppure si tratta di un disco formidabile, che contiene le sole versioni ufficialmente pubblicate di alcune canzoni straordinarie, tra le più amate dal popolo della tarantella, e se di copie ce ne fossero altre centinaia o migliaia continuerebbe ad andare a ruba ancora oggi.
“Eu mi partia di tantu lontanu...” L'inizio lascia a bocca aperta, è Spagna cantata da Cosimo, ormai acclamatissimo inno dell'intera nazione calabra, che ha letteralmente perso la testa per la “bella figghjola”.
Ma non ci sarà modo di richiuderla, la bocca, nemmeno con i brani che vengono in sequenza: più che un crescendo si tratta di un acrocoro di vette himalayane, tali sono la possanza e la fascinazione ineguagliabili di ciascuno di essi. Una dopo l'altra ecco Jocu di la Palumbella, Tarantella Nova e Japri ssu barcuni, a completare un poker d'assi imbattibile. Se Spagna non può che essere l'Asso di Cuori, la Palumbella con i suoi maliziosi arabeschi è quello di Fiori; Tarantella Nova, lucente e intensa nella sua perfezione, è l'asso di Quadri (“Nui 'ndi jungimu com'a ddui hjumari..” - che si parli proprio dell'incontro fra Cosimo e Mimmo?), mentre il lamento d'amore respinto - “Ti vogghju tantu beni e non mi cridi!” - è l'asso di Picche.
Ma il livello non scende di un filo nemmeno dopo, con altri classici definitivi come Mulinarella, Cioparella, Tarantella della Seduzione, Corvu Nigru; ed altri brani che reggono impavidamente il confronto: le due bellissime canzoni di Rosa Balistreri rese da Manuela Cricelli con vibrante interpretazione - L'amuri ca v'haju, canto di devota e dilaniata passione, e Trenta Carrini, ballata di disilluse pene amorose; l'intramontabile Malarazza che fu di Domenico Modugno e torna ora a smuovere le coscienze e i visceri nella versione di Cosimo; Tarantella Brada che chiude sulla più celebre delle arie, familiare a tutti i suonatori di piazza locridei.
Resta da citare il diamante nascosto e splendente, “Ciano”: uno scrigno di meraviglie che dipinge immagini arcane e criptiche, tra oscuri toponimi locali, reperti archeologici e Lestrigoni ballerini, e un ritmo di tarantella che pare un sabba notturno attorno ad un sacrario di “petri 'ncastedati”; c'è in questa canzone un verso che, fin dalla prima volta che lo sentii, mi parve la metafora perfetta di com'è la gente nella Locride:
“Nu Re sedutu supa na petra... guarda lu mari di la muntagna...”
- la spoglia fierezza, l'aspra nobiltà di una visione sul mondo acuta e contemplativa.
E' un brano, “Ciano”, che solo di rado i TaranProject hanno eseguito in questi mesi; eccolo qui nella versione dal vivo dei Karakolo Fool, nella prestigiosa Sala Zitarrosa di Montevideo: la ripresa è di sguincio, quasi da dietro le quinte, la qualità audio precaria, ma è al momento l'unica possibilità di riascoltarlo. A meno che non vi mettiate in caccia del cd – ma sarà impresa ardua, poiché chi ne possiede una copia non se ne priverà per nessun motivo al mondo!
Altrimenti non vi resta che unirvi al coro di chi da tempo reclama, a gran voce, una ristampa di questo disco straordinario.
(qualche brano lo si può comunque ascoltare su Myspace)
“Eu mi partia di tantu lontanu...” L'inizio lascia a bocca aperta, è Spagna cantata da Cosimo, ormai acclamatissimo inno dell'intera nazione calabra, che ha letteralmente perso la testa per la “bella figghjola”.
Ma non ci sarà modo di richiuderla, la bocca, nemmeno con i brani che vengono in sequenza: più che un crescendo si tratta di un acrocoro di vette himalayane, tali sono la possanza e la fascinazione ineguagliabili di ciascuno di essi. Una dopo l'altra ecco Jocu di la Palumbella, Tarantella Nova e Japri ssu barcuni, a completare un poker d'assi imbattibile. Se Spagna non può che essere l'Asso di Cuori, la Palumbella con i suoi maliziosi arabeschi è quello di Fiori; Tarantella Nova, lucente e intensa nella sua perfezione, è l'asso di Quadri (“Nui 'ndi jungimu com'a ddui hjumari..” - che si parli proprio dell'incontro fra Cosimo e Mimmo?), mentre il lamento d'amore respinto - “Ti vogghju tantu beni e non mi cridi!” - è l'asso di Picche.
Ma il livello non scende di un filo nemmeno dopo, con altri classici definitivi come Mulinarella, Cioparella, Tarantella della Seduzione, Corvu Nigru; ed altri brani che reggono impavidamente il confronto: le due bellissime canzoni di Rosa Balistreri rese da Manuela Cricelli con vibrante interpretazione - L'amuri ca v'haju, canto di devota e dilaniata passione, e Trenta Carrini, ballata di disilluse pene amorose; l'intramontabile Malarazza che fu di Domenico Modugno e torna ora a smuovere le coscienze e i visceri nella versione di Cosimo; Tarantella Brada che chiude sulla più celebre delle arie, familiare a tutti i suonatori di piazza locridei.
Resta da citare il diamante nascosto e splendente, “Ciano”: uno scrigno di meraviglie che dipinge immagini arcane e criptiche, tra oscuri toponimi locali, reperti archeologici e Lestrigoni ballerini, e un ritmo di tarantella che pare un sabba notturno attorno ad un sacrario di “petri 'ncastedati”; c'è in questa canzone un verso che, fin dalla prima volta che lo sentii, mi parve la metafora perfetta di com'è la gente nella Locride:
“Nu Re sedutu supa na petra... guarda lu mari di la muntagna...”
- la spoglia fierezza, l'aspra nobiltà di una visione sul mondo acuta e contemplativa.
E' un brano, “Ciano”, che solo di rado i TaranProject hanno eseguito in questi mesi; eccolo qui nella versione dal vivo dei Karakolo Fool, nella prestigiosa Sala Zitarrosa di Montevideo: la ripresa è di sguincio, quasi da dietro le quinte, la qualità audio precaria, ma è al momento l'unica possibilità di riascoltarlo. A meno che non vi mettiate in caccia del cd – ma sarà impresa ardua, poiché chi ne possiede una copia non se ne priverà per nessun motivo al mondo!
Altrimenti non vi resta che unirvi al coro di chi da tempo reclama, a gran voce, una ristampa di questo disco straordinario.
(qualche brano lo si può comunque ascoltare su Myspace)
Mimmo e Cosimo si raccontano in tv
Gustosa intervista a Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea l'altra sera a TeleRadioSud, con la partecipazione di Gianluca Albanese, mister "Taranta Revolution".
Chi se la fosse persa potrà vederla in replica stasera, sabato 27, alle 23.30. Anche in streaming su internet! Questo il link.
Chi se la fosse persa potrà vederla in replica stasera, sabato 27, alle 23.30. Anche in streaming su internet! Questo il link.
I - Ripartendo da Caulonia
Niente concerti per un paio di settimane. I nostri amati sette si staranno riposando? E Mimmo in particolare sarà in adorazione del suo più recente miracolo, la bimba nata pochi giorni fa? Amorevolmente benvenuta non solo per parenti e amici intimi ma anche per un oceano di fans conquistati dalla commovente ninna nanna composta da Mimmo per i suoi boccioli di vita… che ora sono tre.
Niente concerti, e quindi tempo per raccogliere ricordi e idee. A partire, dopo tre mesi, dal Kaulonia Tarantella Festival: un colpo di fulmine dietro l’altro.
Ci siamo innamorati per prima cosa – chi di noi era nuovo, chi non l’amava già - di Caulonia, magnifica oasi di generosità creativa con le sue salite a spirale, le pietre chiare, le scale, le fontanelle ovunque, i cortiletti a sorpresa, le folate di brezza notturna, i sottopassaggi ad arco, i nomi doppi delle piazze, la gloriosa storia da ricordare.
Poi ci siamo innamorati quasi di ogni musicista o gruppo, ogni sera.
Fabio Macagnino, per esempio, che pure conoscevamo già come artista dalle molte sfaccettature, sperimentatore ispirato, artefice di geniali mescolanze. Vederlo sul palco di piazza Mese con i suoi Scialaruga è stata un’emozione diversa: che forza, che presenza scenica, che istinto nel tenere in pugno il pubblico!
E Francesco Loccisano allora, con le divine cascatelle di note che estrae dalla chitarra battente? E l’energia leonina del mitico Otello Profazio? L’agilità netta e brillante degli Invece? La potenza ricca, sapiente, colorita dei Lisarusa? E la dolcezza graffiata, la ruvidità avvolgente della voce di Micu Corapi?
(per non parlare, a proposito di Micu Corapi, del suo spettacoloso corso di tarantella reggitana tra calar del sole e crepuscolo: più rivelazione che insegnamento, trasmissione di segreti con pochi tocchi intuitivi, personali, da vicino, direi quasi intimi)
E quindi ogni sera ci siamo chiesti: ma non meritano tutti, ciascuno di questi artisti, la stessa ammirazione e lo stesso amore che viviamo verso i nostri TaranProject? Non sono tutti bravi, bravissimi, e anche dotati ciascuno di un’affascinante personalità? La risposta era ogni volta sì, certo, è proprio così.
Però poi arriva la sera di Mimmo Cavallaro & c. e ancora una volta accade quel qualcosa di unico, di irriducibilmente diverso. Ma che cos’è?
Beh, cari amici di questo blog, io la mia personale risposta penserei di averla trovata. E poiché un post non può essere troppo lungo, proverò a raccontarvela nel prossimo: “Uno e trino”.
Niente concerti, e quindi tempo per raccogliere ricordi e idee. A partire, dopo tre mesi, dal Kaulonia Tarantella Festival: un colpo di fulmine dietro l’altro.
Ci siamo innamorati per prima cosa – chi di noi era nuovo, chi non l’amava già - di Caulonia, magnifica oasi di generosità creativa con le sue salite a spirale, le pietre chiare, le scale, le fontanelle ovunque, i cortiletti a sorpresa, le folate di brezza notturna, i sottopassaggi ad arco, i nomi doppi delle piazze, la gloriosa storia da ricordare.
Poi ci siamo innamorati quasi di ogni musicista o gruppo, ogni sera.
Fabio Macagnino, per esempio, che pure conoscevamo già come artista dalle molte sfaccettature, sperimentatore ispirato, artefice di geniali mescolanze. Vederlo sul palco di piazza Mese con i suoi Scialaruga è stata un’emozione diversa: che forza, che presenza scenica, che istinto nel tenere in pugno il pubblico!
E Francesco Loccisano allora, con le divine cascatelle di note che estrae dalla chitarra battente? E l’energia leonina del mitico Otello Profazio? L’agilità netta e brillante degli Invece? La potenza ricca, sapiente, colorita dei Lisarusa? E la dolcezza graffiata, la ruvidità avvolgente della voce di Micu Corapi?
(per non parlare, a proposito di Micu Corapi, del suo spettacoloso corso di tarantella reggitana tra calar del sole e crepuscolo: più rivelazione che insegnamento, trasmissione di segreti con pochi tocchi intuitivi, personali, da vicino, direi quasi intimi)
E quindi ogni sera ci siamo chiesti: ma non meritano tutti, ciascuno di questi artisti, la stessa ammirazione e lo stesso amore che viviamo verso i nostri TaranProject? Non sono tutti bravi, bravissimi, e anche dotati ciascuno di un’affascinante personalità? La risposta era ogni volta sì, certo, è proprio così.
Però poi arriva la sera di Mimmo Cavallaro & c. e ancora una volta accade quel qualcosa di unico, di irriducibilmente diverso. Ma che cos’è?
Beh, cari amici di questo blog, io la mia personale risposta penserei di averla trovata. E poiché un post non può essere troppo lungo, proverò a raccontarvela nel prossimo: “Uno e trino”.
II - Uno e trino
Ecco dunque il mio personale “perché”.
Ogni altro gruppo musicale, amato apprezzato o anche solo ricordato, riposa nell’archivio della memoria insieme al “colore” della sua voce solista o del suo impasto di voci. Ha magari cento altre caratteristiche, ma la voce lo contraddistingue indissolubilmente.
Invece la voce dei TaranProject non si lascia catalogare così facilmente.
Quando è Giovanna a cantare, la melodia si ritrova avvolta da un bianchissimo smalto. È come se le note si fossero addormentate in una notte fredda e buia in alta montagna, tutte nere, aggrovigliate e spinose come i ramoscelli di un roveto, e si svegliassero la mattina dopo nitidamente ricamate, avvolte di candida brina sotto un sole radioso. Quello che un tempo poteva essere stato spinoso e oscuro, una volta passato attraverso la voce di Giovanna splende di bianco, d’oro e d’argento.
Quando è Cosimo a cantare, ogni nota diventa rossa. C’è il fuoco della passione, della fierezza, dell’amore. C’è il sangue dello sdegno, dell’orgoglio, della derisione. Eppure fuoco e sangue non sono adatti a descrivere il rosso della voce di Cosimo, che non è né drammatica né arroventata: è anzi sorprendentemente giovane, fresca, limpida. Un rosso vivo, che brilla allegramente sotto il sole: quello dei peperoncini piccanti di Calabria.
E poi c’è la miracolosa voce di Mimmo, per la quale non è facile trovare le parole. Quando una melodia - o anche una semplice frase della vita quotidiana, a volte - passa attraverso la voce di Mimmo è come se entrasse lineare e compatta come una treccia contegnosa e ne uscisse sciolta in mille milioni di capelli con mille milioni di sfumature di colore ciascuna diversa dall’altra per un’infinitesimale variazione.
(“Venìa la bella mia con la codata ‘n testa /
vulìa mu nci li sciogghjiu chidi trizza”)
Smalto bianco, oro, argento, rosso sangue, rosso fuoco, rosso peperoncino, più tutte insieme le sfumature di colore del mondo: ecco l’inclassificabile voce dei TaranProject, niente che la memoria possa archiviare in un singolo file.
È una voce così ricca che non possiamo ascoltarla come “una voce”: l’ascoltiamo come se prestassimo orecchio all’intero universo. E quindi non possiamo ascoltarla “da fuori”: chi mai sta fuori dall’universo intero? L’ascoltiamo da dentro, ne siamo avvolti, ne siamo parte, esistiamo in essa.
Quanto al miracolo che ha reso possibile tutto questo, e poiché un post non può essere troppo lungo, ne riparliamo nel prossimo che vorrei intitolare “Sette soli”.
Ogni altro gruppo musicale, amato apprezzato o anche solo ricordato, riposa nell’archivio della memoria insieme al “colore” della sua voce solista o del suo impasto di voci. Ha magari cento altre caratteristiche, ma la voce lo contraddistingue indissolubilmente.
Invece la voce dei TaranProject non si lascia catalogare così facilmente.
Quando è Giovanna a cantare, la melodia si ritrova avvolta da un bianchissimo smalto. È come se le note si fossero addormentate in una notte fredda e buia in alta montagna, tutte nere, aggrovigliate e spinose come i ramoscelli di un roveto, e si svegliassero la mattina dopo nitidamente ricamate, avvolte di candida brina sotto un sole radioso. Quello che un tempo poteva essere stato spinoso e oscuro, una volta passato attraverso la voce di Giovanna splende di bianco, d’oro e d’argento.
Quando è Cosimo a cantare, ogni nota diventa rossa. C’è il fuoco della passione, della fierezza, dell’amore. C’è il sangue dello sdegno, dell’orgoglio, della derisione. Eppure fuoco e sangue non sono adatti a descrivere il rosso della voce di Cosimo, che non è né drammatica né arroventata: è anzi sorprendentemente giovane, fresca, limpida. Un rosso vivo, che brilla allegramente sotto il sole: quello dei peperoncini piccanti di Calabria.
E poi c’è la miracolosa voce di Mimmo, per la quale non è facile trovare le parole. Quando una melodia - o anche una semplice frase della vita quotidiana, a volte - passa attraverso la voce di Mimmo è come se entrasse lineare e compatta come una treccia contegnosa e ne uscisse sciolta in mille milioni di capelli con mille milioni di sfumature di colore ciascuna diversa dall’altra per un’infinitesimale variazione.
(“Venìa la bella mia con la codata ‘n testa /
vulìa mu nci li sciogghjiu chidi trizza”)
Smalto bianco, oro, argento, rosso sangue, rosso fuoco, rosso peperoncino, più tutte insieme le sfumature di colore del mondo: ecco l’inclassificabile voce dei TaranProject, niente che la memoria possa archiviare in un singolo file.
È una voce così ricca che non possiamo ascoltarla come “una voce”: l’ascoltiamo come se prestassimo orecchio all’intero universo. E quindi non possiamo ascoltarla “da fuori”: chi mai sta fuori dall’universo intero? L’ascoltiamo da dentro, ne siamo avvolti, ne siamo parte, esistiamo in essa.
Quanto al miracolo che ha reso possibile tutto questo, e poiché un post non può essere troppo lungo, ne riparliamo nel prossimo che vorrei intitolare “Sette soli”.
III - Sette soli
Se il timbro vocale dei nostri meravigliosi TaranProject è uno e trino, cioè divino e universale, è prima di tutto perché tre grandi voci soliste cantano insieme, ciascuna rinunciando ad essere l’unico gallo del proprio pollaio. Un miracolo che di solito accade nel corso di eventi eccezionali, ambiziose e irripetibili trovate mediatiche di un giorno solo come quella celebratissima dei “Tre Tenori”.
Sappiamo che c’è stata la mano geniale e benedetta di Fabio Macagnino nell’immaginare e mettere in moto tutto ciò. Ma da quel momento in poi il miracolo di un giorno solo è diventato permanente: quotidiana armonia, quotidiana benevolenza, amore, umiltà, generosità, stima, rispetto, e soprattutto sapienza nell’arte preziosa di far convivere creatività diverse senza che nessuna sia soffocata.
È, questa, l’arte che più conta nella vita di ognuno di noi. Vogliamo stare insieme, amare ed essere amati, ma la nostra parte più libera e originale ha bisogno di spazio. Vogliamo esprimerci, creare, inventare la nostra vita giorno per giorno, ma se lo facciamo da soli tutto comincia dopo un po’ a seccarsi e inaridire. Magari esistesse la formula magica che tiene insieme amore e libertà, creazione e condivisione!
Ma ecco: nel tempo che trascorriamo immersi, anima orecchio e corpo, dentro la musica dei TaranProject, abbiamo la garanzia che questa formula magica esiste e che sono loro a possederla.
Anche perché, naturalmente, non parliamo solo delle tre voci. Non abbiamo davanti un sistema solare, ma una costellazione di sette brillantissime stelle.
Ciascuno di questi sette musicisti eccezionali avrebbe il talento e la personalità per essere il sole di un proprio gruppo, circondandosi di pianeti che ruotassero solo intorno a lui/lei. È molto facile immaginarlo per ciascuno dei sette - ma per non più di una frazione di secondo!! dopo la quale smettiamo subito di accarezzare questo pensiero pericoloso. Se diventasse realtà avremmo altri sette gruppi guidati da un bravissimo, prezioso, ammirevole artista dell’Unda Jonica, come quelli che ci hanno affascinati a Caulonia, ma non avremmo più il miracolo nel quale oggi viviamo.
Un meraviglioso equilibrio dell’amore nel quale ciascuno dà e mostra il meglio di sé, ora in primo ora in secondo o in terzo piano, pensando solo alla bellezza dell’insieme. Non a se stesso, a un proprio traguardo o alla propria vanità, ma solo a rendere vera e possibile la bellezza dell’insieme.
Non sarebbe forse questa la soluzione a tutti i mali del mondo? Dalle disarmonie che a volte avvelenano il piccolissimo cerchio chiuso di una casa, di una famiglia, a quelle che dividono sfruttatori e sfruttati, primo e terzo mondo, continenti spreconi e continenti affamati?
Voi, amatissimi TaranProject che possedete questa formula magica, restate insieme, vi prego, continuando a darci la prova che essa esiste. E noi cercheremo di afferrarla imparando a vivere anche noi non per noi stessi, non per un nostro traguardo né per la nostra vanità, ma per rendere vera e possibile la bellezza.
Sappiamo che c’è stata la mano geniale e benedetta di Fabio Macagnino nell’immaginare e mettere in moto tutto ciò. Ma da quel momento in poi il miracolo di un giorno solo è diventato permanente: quotidiana armonia, quotidiana benevolenza, amore, umiltà, generosità, stima, rispetto, e soprattutto sapienza nell’arte preziosa di far convivere creatività diverse senza che nessuna sia soffocata.
È, questa, l’arte che più conta nella vita di ognuno di noi. Vogliamo stare insieme, amare ed essere amati, ma la nostra parte più libera e originale ha bisogno di spazio. Vogliamo esprimerci, creare, inventare la nostra vita giorno per giorno, ma se lo facciamo da soli tutto comincia dopo un po’ a seccarsi e inaridire. Magari esistesse la formula magica che tiene insieme amore e libertà, creazione e condivisione!
Ma ecco: nel tempo che trascorriamo immersi, anima orecchio e corpo, dentro la musica dei TaranProject, abbiamo la garanzia che questa formula magica esiste e che sono loro a possederla.
Anche perché, naturalmente, non parliamo solo delle tre voci. Non abbiamo davanti un sistema solare, ma una costellazione di sette brillantissime stelle.
Ciascuno di questi sette musicisti eccezionali avrebbe il talento e la personalità per essere il sole di un proprio gruppo, circondandosi di pianeti che ruotassero solo intorno a lui/lei. È molto facile immaginarlo per ciascuno dei sette - ma per non più di una frazione di secondo!! dopo la quale smettiamo subito di accarezzare questo pensiero pericoloso. Se diventasse realtà avremmo altri sette gruppi guidati da un bravissimo, prezioso, ammirevole artista dell’Unda Jonica, come quelli che ci hanno affascinati a Caulonia, ma non avremmo più il miracolo nel quale oggi viviamo.
Un meraviglioso equilibrio dell’amore nel quale ciascuno dà e mostra il meglio di sé, ora in primo ora in secondo o in terzo piano, pensando solo alla bellezza dell’insieme. Non a se stesso, a un proprio traguardo o alla propria vanità, ma solo a rendere vera e possibile la bellezza dell’insieme.
Non sarebbe forse questa la soluzione a tutti i mali del mondo? Dalle disarmonie che a volte avvelenano il piccolissimo cerchio chiuso di una casa, di una famiglia, a quelle che dividono sfruttatori e sfruttati, primo e terzo mondo, continenti spreconi e continenti affamati?
Voi, amatissimi TaranProject che possedete questa formula magica, restate insieme, vi prego, continuando a darci la prova che essa esiste. E noi cercheremo di afferrarla imparando a vivere anche noi non per noi stessi, non per un nostro traguardo né per la nostra vanità, ma per rendere vera e possibile la bellezza.
Venerdì 19, ancora a Roma!
L'appuntamento romano sta assumendo ormai cadenza mensile: dopo il successo al Tarantella Festival di settembre, e la intensa esibizione al Caffè Latino in ottobre, e mentre già si annuncia l'importante concerto del 10 dicembre per il No Mafia Day, anche a novembre i TaranProject non si fanno mancare un'apparizione nella capitale.
Venerdì 19 saranno ospiti del Rising Sun, in via delle Conce, per un evento dal titolo "Doniamo un sorriso ai bimbi", con ricavato in beneficenza.
Il costante sostegno organizzativo di Valerio Filippi sta finalmente dando a Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea l'opportunità di farsi apprezzare con regolarità su palcoscenici lontani della Locride, e il pubblico romano sta rispondendo alla grande.
Dalla remota periferia dell'impero al centro del Caput Mundi, i TaranProject continuano a conquistare chiunque abbia orecchie per sentire e cuore per emozionarsi con la loro musica.
Venerdì 19 saranno ospiti del Rising Sun, in via delle Conce, per un evento dal titolo "Doniamo un sorriso ai bimbi", con ricavato in beneficenza.
Il costante sostegno organizzativo di Valerio Filippi sta finalmente dando a Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea l'opportunità di farsi apprezzare con regolarità su palcoscenici lontani della Locride, e il pubblico romano sta rispondendo alla grande.
Dalla remota periferia dell'impero al centro del Caput Mundi, i TaranProject continuano a conquistare chiunque abbia orecchie per sentire e cuore per emozionarsi con la loro musica.
Grande concerto a Siderno, in diretta tv
Diretta televisiva giovedì 11 alle 21.30 su Telemia
...e per noi che siamo lontani in streaming su internet!
La diretta in streaming non c'è stata, per intoppi tecnici o forse meteorologici, ma si è potuta recuperare l'indomani: da quel che si vede su internet dev'esser stata davvero una serata straordinaria, con la bella piazza di Portosalvo festosamente gremita - 6000 presenti, pare! - e le solite poderose bordate di good vibrations, captate perfettamente anche via web.
Usuale scaletta dei concerti di quest‘anno, arricchita dagli interventi di un grande artista ormai consacrato, Francesco Loccisano alla chitarra battente, e di una giovanissima promessa, Martina all'organetto; ma ottime ragioni per riascoltare ancora una volta i classici brani non mancano mai, qualche inattesa sfumatura esecutiva la si coglie sempre con sorpresa e nuovo piacere: questa volta, ad esempio, un'introduzione più incisiva della battente di Mimmo in "Occhj di mari", note celestiali del sax di Gabriele in apertura di "Brigante", una bellissima nuova linea melodica nel controcanto di Giovanna in "Mulinarella"; credevamo di conoscerla a fondo, questa mulinarella sbarazzina e volubile, ma ora Giovanna ce ne rivela pensieri segreti e trepidazioni, riuscendo a far persino più ricca una canzone che sembrava intoccabile nella sua perfezione.
Ma attendiamo impressioni di prima mano da chi era presente!
...e per noi che siamo lontani in streaming su internet!
La diretta in streaming non c'è stata, per intoppi tecnici o forse meteorologici, ma si è potuta recuperare l'indomani: da quel che si vede su internet dev'esser stata davvero una serata straordinaria, con la bella piazza di Portosalvo festosamente gremita - 6000 presenti, pare! - e le solite poderose bordate di good vibrations, captate perfettamente anche via web.
Usuale scaletta dei concerti di quest‘anno, arricchita dagli interventi di un grande artista ormai consacrato, Francesco Loccisano alla chitarra battente, e di una giovanissima promessa, Martina all'organetto; ma ottime ragioni per riascoltare ancora una volta i classici brani non mancano mai, qualche inattesa sfumatura esecutiva la si coglie sempre con sorpresa e nuovo piacere: questa volta, ad esempio, un'introduzione più incisiva della battente di Mimmo in "Occhj di mari", note celestiali del sax di Gabriele in apertura di "Brigante", una bellissima nuova linea melodica nel controcanto di Giovanna in "Mulinarella"; credevamo di conoscerla a fondo, questa mulinarella sbarazzina e volubile, ma ora Giovanna ce ne rivela pensieri segreti e trepidazioni, riuscendo a far persino più ricca una canzone che sembrava intoccabile nella sua perfezione.
Ma attendiamo impressioni di prima mano da chi era presente!