Cioparella, dove sei?

In attesa che appaiano su youtube i video delle nuove canzoni - e già sono in arrivo... - soffermiamoci ancora su un classico dei concerti dei TaranProject: Cioparella.
Si tratta di un brano che da anni Mimmo esegue dal vivo, accompagnando con la chitarra battente una vocalità espressiva e accorata come non mai nell'enunciare il tema, e dando poi il via, col resto del gruppo, ad un ritmo incalzante e obliquo, che induce tutti al ballo come la più contagiosa delle epidemie.
Questa canzone ha conosciuto nel corso dei mesi un'evoluzione costante. Partita come fedele rilettura di una ballata tradizionale, così come la si può ascoltare nella versione registrata per il cd “Karakolo Fool”, si è pian piano completamente trasformata, divenendo febbrile, amfetaminica, modernissima.

Il primo segnale di mutazione genetica fu quando cominciò a ribollire il tappeto ritmico, scosso dall'onda tellurica delle note di basso, con Carmelo in slapping forsennato; poi fu la seconda voce di Giovanna, che un bel giorno imboccò una nota finale in contraltare con quella di Mimmo, creando una biforcazione inquietante. Poi ci fu la danza tribale che i fratelli Scarfò conducono all'unisono, a risvegliare cadenze ancestrali e ossessive; poi ci si è messo pure Gabriele, che con il suo sax divaga e converge, spaziando da squittìi di stampo free jazz all'inatteso recupero di un ben noto jingle, ad accentuare l'impressione di contrastanti rumori di fondo... e così anche il testo si apre a letture molteplici, acquista risvolti ambigui e di crescente intensità.
La primigenia successione di quadri statici, le stanze della ballata, diviene così un montaggio concitato di immagini assolute, che si alternano come flash improvvisi: si inizia tra angoscia e scioglimento, col pianto di una mamma che ha perso la figlia, la bella Cioparella del titolo, e c'è già tutto il pathos della tragedia; tocca perciò al Coro – i vicini della ruga - dipingere le due immagini successive, la ragazza che va alla messa, e che prega i Santi: due indicazioni tranquillizzanti, che paiono riportare la vicenda nell'alveo di un semplice attardarsi in chiesa. E invece no, perché la voce narrante ne trae una diversa e dubitativa conclusione: non è detto che la bella tornerà tanto presto, ma che non ci sia più è nell'ordine delle cose, forse ha semplicemente seguito la sua strada, l'abbandono della mamma non è dovuto a un evento straziante, ma solo a un legittimo desiderio di autonomia; e allora quando tornerà, presto o tardi che sia, semplicemente “salutatemela!”... Ma c'è ancora un flash – non era nel testo sul cd, ma è ricomparso in seguito – che nell'enigmatica fissità e nella potenza cromatica dell'immagine riapre alla pluralità di letture: è una ghirlanda di rose rosse e bianche, uno schizzo di colori contrastanti, un richiamo forte a sentimenti che si rimescolano, passione e purezza, rabbia e innocenza, amore e lutto...
E allora, dopo tanti mesi, ancora non sappiamo dov'è la bella Cioparella: forse fuggita? rapita? a rincorrere un desiderio? in pericolo, o peggio? O forse finalmente libera di vivere la sua vita? Non vogliamo una risposta, ma vogliamo, sera dopo sera nei concerti, interrogarci ancora a lungo sulla sua sorte.

Ecco il testo. Nei commenti la traduzione in italiano.
(Il video è del sempre eccellente Sarocrissemy)

Cioparella

Ciangi la mamma ca perdiu la fhigghja, Cioparella bella.
Ciangi la mamma ca perdiu la fhigghja, ohi bella Cioparella de mammata.

Duv’è la bella mia ch’era ‘cc'avanti, Cioparella bella.
Duv’è la bella mia ch’era ‘cc'avanti, ohi bella Cioparella de mammata.

Domanda a ‘lli vicine de la ruga, Cioparella bella.
Domanda a ‘lli vicine de la ruga, ohi bella Cioparella de mammata.

Una mi dissii c'a la missa jiu, Cioparella bella.
Una mi dissii c'a la missa jiu, ohi bella Cioparella de mammata.

N’attra mi dissi ca pregava li santi, Cioparella bella.
N’attra mi dissi ca pregava li santi, ohi bella Cioparella de mammata.

E quandu torna salutatimilla, cioparella bella.
E quandu torna salutatimilla, ohi bella cioparella de mammata.

A chilla schjiocca de rose russe e jianche, Cioparella bella.
A chilla schjiocca de rose russe e jianche, ohi bella Cioparella de mammata.

Ciangi la mamma ca perdiu la fhigghja, Cioparella bella.
Ciangi la mamma ca perdiu la fhigghja, ohi bella Cioparella de mammata.

Duv’è la bella mia ch’era ‘cc'avanti, Cioparella bella.
Duv’è la bella mia ch’era ‘cc'avanti, ohi bella Cioparella de mammata.

Domanda a ‘lli vicine de la ruga, Cioparella bella.
Domanda a ‘lli vicine de la ruga, ohi bella Cioparella de mammata

...dentro la Fiaba...

Partecipare a tre concerti di fila dei TaranProject ha significato restare tramortiti dalla meraviglia la prima sera, dolcemente catturati dalla consuetudine la seconda, essere infine del tutto rapiti dall'incanto la terza.
Complici la luce trasparente e coloratissima della Locride, e la gentilezza ineguagliabile della sua gente, è stato come inoltrarsi in una fiaba, che giorno dopo giorno svolge il filo del suo racconto attraverso episodi musicali ed umani che si ripropongono, uguali e sempre diversi.

C'era da ascoltare le nuove canzoni, da rivedere vecchi e nuovi amici... e così le impressioni di Soverato sono state una mescolanza di familiarità e sorprese, di incontri e ricongiungimenti.
L'inizio del concerto 2010 non può che essere ancora “Lu cantu di lu Marinaru”, con la novità di Gabriele che imbraccia la frauta, una canna di corteccia col cui zufolìo chiama a raccolta i Venti, evoca spazi sconfinati, lontananze e solitudini, nomadismi di pastori e marinai; così l'Aria si inserisce tra la Terra, i tamburi di Alfredo, e l'Acqua, la chitarra di Andrea, a completare la conta degli Elementi attraverso cui si dipana l'introduzione a questo straordinario brano mitopoietico.
Segue “Passa lu mari”, che celebra l'accoglienza fraterna e danzante tra le genti come il tema dell'estate.
La scelta di proporre i brani inediti intrecciati in alternanza con i già noti risulta vincente: l'accostarsi alle nuove sonorità, ai testi, è dolce e graduale, e non poteva essere che così nell'universo inclusivo dei TaranProject. Nessuna delle vecchie amatissime canzoni è stata abbandonata del tutto, e di sera in sera si danno il turno nell'ospitare in scaletta le nuove. Da queste la prima forte sensazione è la bellezza dei suoni - specie se comparati al primo ascolto via internet da Locri il 28 giugno - e non si loderà mai abbastanza il tecnico Filippo Montalto per la sua opera di cesello, che tanta parte ha nel definire il fascino ammaliante dei concerti.
Si schiudono dunque ai nuovi brani le strade del cuore, e lì si insinuano delicatamente con le tante bellissime immagini dei testi, e con melodie mai clamorose ma che di sera in sera svelano nuove e inesplorate nuances, screziature di colori, fragranze inebrianti, come fiori ben vivi non ancora cristallizzati in forma di classici.
Così i Fiori di Fiumare vengono intercalati alle pietre miliari: un fiore e una pietra preziosa, nu hjiuri e nu diamanti.

A Camocelli, l'indomani, manca Giovanna! E' per via di un'indisposizione, e tocca agli altri fare un po' anche la sua parte: Mimmo è insolitamente espressivo nella mimica, addirittura ballerino per qualche passo, e amorevolmente paterno nei gesti di scherzosa fermezza con cui, senza smettere di cantare, tiene a freno i bimbi accovacciati ai bordi del palco, mossi anche loro dall'impulso irresistibile ad alzarsi, per sgambettare o picchiare sui tamburelli; Cosimo ammicca e prorompe più che mai, onnipotente demiurgo in questa piccola contrada a pochi chilometri da casa sua; Gabriele s'ingegna a dissimulare i vocalizzi mancanti con arabeschi di sax e pipita...

A Locri, la terza sera, Giovanna c'è, anche se prima di iniziare confessa che forse non ce la farà a cantare... E infatti ci regala una performance memorabile! Quando intona la nuova “Ninna Nanna” ne estrae sfumature interpretative struggenti, le porge con intensità assorta, e il pensiero corre ad un'altra voce immortale del sud e del mare, quella di Amalia Rodrigues; però l'immagine che resta negli occhi è di lei bellissima nella lunga veste rossa, le braccia che accarezzano morbide il grande tamburo inondato di candida luce: è la Musa del Canto.
Anche gli altri musicisti mi appaiono ora come i protagonisti di un mondo fantastico: Carmelo è il Gatto con gli Stivali, astuto, sapiente, indispensabile nel superlavoro cui è chiamato, tra sala di registrazione e concerti, e sempre favoloso nei suoi balzi delle sette leghe; Andrea è un accorto Pollicino, che si prende cura del perfetto bilanciamento degli ingranaggi sonori di ogni brano, ma sgattaiola via inosservato, lui che non vuol perdere una goccia del suo aplomb, un attimo prima che i sodali si esibiscano nella processione di Santu Roccu: è condotta da un furbesco e radioso Tamburino, Alfredo ovviamente, e chiusa da uno sciccosissimo Pifferaio Magico, Gabriele.
Mimmo e Cosimo allora sono i fratelli Grimm, le Voci Narranti che suscitano e tengono in pugno il fremito emotivo della piazza, e noi ci abbandoniamo all'ascolto immagati.
Poi, proprio durante l'inno più amato, giunge notizia sull'esito della finale mondiale: e non poteva andare che così - altro che polpo Paul, è da un anno che Cosimo lo va proclamando a piena voce: Spagna!
La vena fabulatoria dei due Narratori trova conferma nella scelta delle ultime due filastrocche. C'è la storia di Ciccio, che sa fujiu cu' Rosina, e poi quella del gobbetto che andò alla fiera, uno “Jimbusedu” che sembra non stancarsi mai: l'organetto di Cosimo gioca col ritmo, lasciandolo languire per poi rilanciarlo verso parossismi inauditi, finché ci costringe alla resa, attoniti e del tutto conquistati.

Attorno al palco ho scorto altre presenze fiabesche: Pino l'inesauribile e Marco l'esuberante, assieme a tutto lo staff, sono i Titani sulle cui spalle possenti poggia il mondo incantato dei TaranProject; a vegliare su esso sono la consapevolezza benevolente di Giupi, angelo dal sorriso luminoso, e l'acume del saggio pizzetto di D'Artagnan Francesco Franco, senza dimenticare gli altri tre ardimentosi Moschettieri del “Danza cu lu ventu...”, e le splendide Fate Giuseppina e Barbara, che hanno animato le danze di un'infinita Rota...
Dopo il concerto una signora, Fata attempata coi capelli d'argento e gli occhi luccicanti di gioia e stanchezza, lamenta sconsolata che non ce la fa più: ogni sera al concerto fino a tardi, e poi la mattina al lavoro, mangiare di corsa, e poi via in macchina per raggiungere la prossima tappa del tour, una vita d'inferno... per rincorrere il paradiso. Come si potrà reggere ancora a lungo?
Forse saltare qualche serata? No, questo è fuori discussione!

Il Tour 2010 entra nel vivo!

Venerdì 9 a Soverato, alle 22, inizia una serie di concerti che non si interromperà fino alla fine dell'estate.
La gioiosa macchina dei TaranProject va a pieno regime!
E in questo weekend, a Soverato, a Camocelli e a Locri, ci saremo finalmente anche noi.

Gioia Popolare

Il titolo di questo post non si riferisce al sentimento che pervade i fan dei TaranProject, ora che hanno appena ripreso a seguire i loro idoli una sera dopo l'altra - e non sarebbe comunque inappropriato... Ma ad una importante realtà culturale sorta da qualche mese nella Locride, di cui vorremmo raccontare.
Nel corso del nostro ultimo viaggio in Calabria, lo scorso aprile, contattammo una persona per l'acquisto un libro-cd dedicato alla Lira Calabrese, opera di Ettore Castagna (il direttore artistico del Paleariza Festival), di cui avevo letto su Facebook. Ci demmo appuntamento a Gioiosa Jonica, presso una scuola di musica, denominata appunto Gioia Popolare.

All'ingresso, subito aria di famiglia: un coloratissimo murale presenta gli strumenti tradizionali, e nel mezzo campeggia la scritta Sonu Divinu; siamo dunque nel regno di Cosimo Papandrea!
Fummo accolti da Domenico Macrì, insegnante del magico strumento. Ci invitò ad assistere a qualche lezione: scoprimmo così un mondo vitale ed entusiasta, ragazzi di tutte le età che con caparbietà e passione si esercitano sulla lira; poco dopo arrivò Nino Triolo, giovane e già affermato virtuoso dell'organetto, anche lui col suo stuolo di discepoli.
Un piacere per gli occhi e per le orecchie, con Domenico e Nino che, tra un un esercizio e un suggerimento ai loro allievi, non resistevano alla voglia di improvvisare qualcosa lì per lì – uno spettacolo tutto per noi!
Domenico imbracciò pure una splendida zampogna, non senza avercene svelato un curioso segreto: la zampogna, per dare il meglio di sé, richiede di esser letteralmente dissetata con un sorso di vino, che ha la funzione di ammorbidire la valvola. E allora via col duetto, la zampogna brilla di Domenico e l'organetto di Nino, con l'argento vivo addosso!
Il clima era accogliente, frizzante e creativo: più che una scuola, un laboratorio in cui lo spirito di emulazione artistica vale ben più delle lezioni canoniche. Una fucina di futuri talenti, per una tradizione musicale che promette di prosperare ancora a lungo.

Nel frattempo era arrivata la persona che si occupa dell'organizzazione: con nostra somma sorpresa, si trattava di Giupi! L'avevamo incontrata ai concerti le sere precedenti, ed ecco che la ritroviamo nella sua ennesima incarnazione: fan scatenata, testimone e custode della memoria artistica dei TaranProject, fotografa provetta, cronista puntuale e immaginifica in molti commenti su questo blog... ed ora anche segretaria (o molto di più) della scuola.
Ma le sorprese non erano ancora finite: giunse anche Giuseppe Lucà, giovane artigiano costruttore di lire, che scoprimmo protagonista di una straordinaria avventura imprenditoriale, esempio mirabile di inventiva e perizia in terra calabrese: Giuseppe, studente di Ingegneria a Cosenza, ha pensato di applicare i suoi studi di fisica acustica al disegno della cassa armonica dello strumento, ottenendo risultati incredibili - di cui ci dette convincente dimostrazione - in termini di potenza e purezza del suono! E ora le sue lire sono richiestissime.
Giuseppe, venni a sapere in seguito, è il fratello di Marco Lucà, che ha fondato e gestisce un attivissimo fan club su Facebook. E' stato grazie all'aiuto di Marco che ho potuto ricostruire la storia di Gioia Popolare.

Tutto nacque dalle menti di Andrea Timpiccioli, propietario dei locali, e Giuseppe Lucà, costruttore di lire, organettista e maestro di pianoforte; il progetto iniziale era di insegnare l'organetto.
Venne fondata un'associazione, dapprima denominata proprio Sonu Divinu (ecco spiegato il murale), con presidente Ruggero Lucà, padre di Giuseppe e Marco; si pensò di coinvolgere il maestro indiscusso dell'organetto gioiosano, Cosimo Papandrea, che divenne direttore artistico, promettendo di portare il nome della scuola ad alti livelli. Cosimo coinvolse altri membri dei TaranProject: Alfredo Verdini per i corsi di percussioni e tamburello, Giovanna Scarfò per la tarantella, mentre per la lira fu chiamato Domenico Macrì, musicista in proprio e collaboratore del gruppo degli Argagnari.
Il 27 settembre 2009 la sede apre a suon di tarantella: ospiti TaranProject e Argagnari per un fantastico concerto inaugurale. Iscrizioni numerosissime per l'organetto, poi ben presto ecco il boom anche per gli altri corsi; la sede diviene luogo di riferimento importante per molti musicisti della zona, tra loro Francesco Loccisano e naturalmente Mimmo Cavallaro.
Il nome viene definitivamente cambiato in Gioia Popolare, traendo ispirazione dall'antica leggenda sulla bella figghjiola che fondò la cittadina di Gioiosa.
L'aspetto organizzativo inizia a farsi oneroso, c'è bisogno di una persona che alla passione unisca capacità di gestione e coordinamento, e viene individuata in Giupi Logozzo: è lei che al pubblico offre disponibilità, competenza e simpatia, ai musicisti e maestri sostegno e assistenza, aggiorna costantemente la pagina web, risolve insomma ogni piccolo e grande problema. Andrea Simonetta, con fulminea definizione, nel perfetto stile calabritish che lo contraddistingue, l'ha soprannominata La Preside!
Le attività ora sono ferme per la pausa estiva, ma si sta già progettando un grande rientro a settembre, con un saggio dimostrativo.

Due parole, per concludere, le merita il libro-cd che è stato all'origine della nostra visita a Gioia Popolare. Il libretto, “La Lira in Calabria”, narra la storia avventurosa ed emozionante di un vero e proprio salvataggio, quello operato da Ettore Castagna e i suoi amici (ovvero i membri dei mitici Re Niliu, il primo e insuperato gruppo di musica etnica in Calabria, anni Ottanta) in soccorso ad uno strumento arcaico e fascinoso, che trent'anni fa era virtualmente estinto, e che oggi invece sta vivendo una clamorosa e trionfale rinascita. Il cd allegato contiene preziosi reperti sonori, esecuzioni alla lira di anziani maestri, raccolte sul campo dai ricercatori; spiccano due versioni di “Li Boni Festi”, canto di questua che tutti noi ora conosciamo nella rilettura magistrale dei TaranProject.

(video by frapezzi - la qualità audio non è perfetta,
ma il brano è talmente bello...)

E' proprio con un dolcissimo verso tratto da questo brano che vorrei concludere:
“Caru cumpari vi vinni a trovari, e de 'na lunga via amurusamenti”.
Si presta bene a descrivere il cammino appassionato e devoto, dapprima a ritroso nella memoria e poi avanti nel presente, di tutte le persone citate in questo post, artefici del recupero e della rivitalizzazione della tradizione musicale della Locride, così peculiare e artisticamente qualitativa.
Viandanti di una lunga via, amorosamente.

I primi concerti del Tour Estate 2010

I racconti, le impressioni, le emozioni di Francesco Franco, Giupi, Barbara