Sette domande... ad Alfredo

Terza tappa per le nostre interviste con i TaranProject: dopo Gabriele e Andrea è la volta di Alfredo Verdini, il grande maestro delle percussioni.
Il suo curriculum artistico è di tutto rispetto, basterà la sfilza dei nomi a ricordarcelo: ha suonato con Quartaumentata, Mattanza, Angelica Sepe, Marisa Sannia, Barbara Bonaiuto, Ensamble Etnique, Piccola Orchestra Romana, Iskra Menarini, Eugenio Bennato, Nino Forestieri, Scialaruga, Rumba de Mar.
Con quest'ultimo gruppo ha partecipato ai programmi televisivi Uno Mattina e Cultura Moderna, con Teo Mammucari, e numerose sono le incisioni discografiche cui ha offerto prezioso contributo.
Il suo segno zodiacale è il Leone.
Alfredo è originario di Cataforìo, un sobborgo di Reggio Calabria, nella valle del Sant'Agata, località dove si è conservata particolarmente viva la tradizione della musica e del ballo popolari, e questa circostanza ha avuto un ruolo decisivo nella sua formazione. A Cataforìo è attivo un celebre Gruppo folkloristico, gli Agatini, che coinvolge ancor oggi con le sue attività e manifestazioni pressoché tutti gli abitanti del borgo: è da questo contesto quasi fiabesco che iniziò l'avventura del nostro Pollicino, con le sfilate musical-danzanti in abito tradizionale - cosiddetto “alla pacchiana”, per significare colori sgargianti e voglia di far festa.
Il piccolo Alfredino, come vediamo nella foto che ci ha simpaticamente fornito, si ritrovò da subito in costumino con il tamburello in mano, e divenne tutt'uno con esso, sviluppando quella straordinaria caratteristica che ancor oggi salta agli occhi di chi lo veda e lo ascolti suonare: come succede ai personaggi dei cartoni animati, Alfredo entra con tutto il corpo in risonante vibrazione con gli strumenti che percuote, incarna completamente il ritmo, se ne fa tramite con una pienezza espressiva che scavalca ogni mediazione, e sprigiona l'essenza più autentica del groove.
Tutti noi abbiamo in mente illustri esempi di percussionisti atletici, muscolari, che sudano le proverbiali sette camicie su pelli e grancasse per moltiplicare la potenza del suono; Alfredo no, lui sul palco rimane sempre rilassato e morbido, quasi indolente, perché il suo tocco è quello del fuoriclasse; non ha bisogno di scaricare cannonate, ma ci delizia coi fremiti e la destrezza delle dita, e anche nei brani più cadenzati sfodera colpi di mirabile precisione e incisività: lui è il Leo Messi delle percussioni.

Sappiamo che anche la tua è stata una famiglia musicale: quali sono state le tue prime esperienze in pubblico, da bambino, e come le vivevi?

Effettivamente, dato il luogo dove sono nato, la musica in paese come in famiglia ha da sempre caratterizzato il mio quotidiano. Sin da piccolo venivo portato dai miei genitori, entrambi attivi musicalmente in gruppi folk, alle diverse rassegne folcloristiche regionali e nazionali. Già a due anni mi vestivano da piccolo pacchiano, e il divertimento generale consisteva nel mettermi in mano un piccolo tamburello, e farmelo suonare durante le sfilate. Diventavo un po' un fenomeno da baraccone, e vergognoso com'ero tendevo a tirarmi indietro. Ecco perché da piccolo avevo un sacco di giocattoli: per convincermi a suonare il tamburello in pubblico, ad ogni fiera i miei genitori dovevano regalarmi un gioco!
Così la musica divenne il mio ambiente quotidiano; passavo di braccio in braccio a tutti i componenti del gruppo, dal fisarmonicista al ballerino, dal suonatore di battente ai canterini, ero la mascotte del Gruppo Folkloristico degli Agatini.

Quale musica ascolti oggi? C'è qualche percussionista che costituisce per te un riferimento o un modello?

Da musicista non posso che ascoltare tutta la musica, fatta eccezione solo per il metal che non amo molto. Ascolto la musica che mi trasmette emozioni, perché credo che questo sia il suo principale beneficio. Dalla formazione musicale che ho ricevuto è nato spontaneo il mio interesse per la musica afro-cubana, la world music, l'etnomusic etc. Di conseguenza i modelli a cui ho sempre fatto riferimento sono Jose Luis Quintana "Changuito", Giovanni Hidalgo, Glen Velez e Zohar Fresco per i tamburi a cornice. Ma chi mi ha dato la maggior ispirazione e mi ha fatto diventare il musicista che sono oggi è stato il mio maestro di percussioni ed amico Luca Scorziello, che oltre ad insegnarmi le tecniche, i suoni ed i colori dei magici strumenti a percussione, mi ha soprattutto trasmesso l'amore per essi: una persona che mi ha dato tanto e continua a farlo, non solo a livello musicale.

Tu sei in un certo senso lo “straniero” del gruppo: com'è avvenuto il tuo incontro con Mimmo Cavallaro e i musicisti della Locride?

Nel '99 conobbi i Quartaumentata, con i quali ebbi ed ho tuttora delle collaborazioni, da lì feci conoscenza con Francesco Loccisano, e solo più tardi con Mimmo Cavallaro. Non ricordo di preciso come andò, credo sia stato ad un suo concerto in un paesino nei pressi di Mileto, quando Francesco Loccisano, che lo accompagnava, mi chiamò a suonare con loro. Sono stato felice di conoscere la splendida persona che è Mimmo, e nel tempo si è creata con lui una bella e forte amicizia. Ricordo che erano in corso le registrazioni del suo primo disco "Sona Battenti"; in quel periodo mi trovavo in pianta stabile a Roma, e di tanto in tanto scendevo per brevi soggiorni calabresi, durante i quali collaboravo alle registrazioni.

Delle tue innumerevoli esperienze artistiche e collaborazioni, molte anche prestigiose, ce n'è qualcuna che ricordi come particolarmente significativa?

Beh, tutte le esperienze fatte sono state importanti e mi hanno fatto crescere sia come persona che come musicista; per non parlare delle collaborazioni, che ovviamente ti arricchiscono profondamente, qualunque esse siano. Ma ciò che ha dato una svolta alla mia carriera è stato il trasferimento nella capitale, che mi ha portato anche ad un cambiamento di vita. Roma mi ha accolto a braccia aperte, e ben presto ero di casa anche all'Aeroporto di Fiumicino! Finalmente avevo la possibilità di viaggiare facendo musica, di arricchirmi non solo artisticamente ma fino in fondo all'anima, riempiendo gli occhi di tutte le bellezze che il mondo ci offre con i suoi colori, le culture, le tradizioni, i suoni… Oggi mi fermo a riflettere, e vedo che la dimensione del viaggio mi ha segnato in maniera veramente singolare!

Il tuo set di percussioni sul palco si è arricchito nel tempo. La scelta dei nuovi elementi che aggiungi deriva da un tuo percorso di ricerca personale o dalle esigenze espressive dei nuovi brani? E qual è stato il tuo approccio alla Lira calabrese, che suoni in modo così personale e creativo?

Un po' dall'uno e un po' dall'altro fattore. Io nasco come percussionista, e determinate sonorità le sento mie, fanno parte di me e del mio modo di concepire le cose, ma sono molteplici le cause che concorrono nell'arrangiamento di un brano. Il testo e ciò che esso vuole comunicare, l'ambientazione e le sonorità che gli si vogliono attribuire determinano la scelta dello strumento. Avviene così per tutti gli strumenti, l'importante è far si che tutti viaggino su un medesimo treno, che li porterà al miglior prodotto finale nel rispetto gli uni degli altri.
Nel gennaio del '98 mio padre mi regalò la mia prima lira modello Barilli, del costruttore Mimmo Vazzana. Avevo già precedentemente ascoltato il suono della lira grazie ai cd dei Re Niliu passatimi da mio padre, ed ero particolarmente attratto dal suono, un po' aspro ed a tratti malinconico ma al contempo melodioso e vivo della lira.
Così mi cimentai con grande entusiasmo, da autodidatta, nello studio della lira. Da qui l'iniziale delusione: non riuscivo a suonarla, nessun suono gradevole! Ero amareggiato, tanto per me quanto per mio padre che con felicità me l'aveva regalata. Dapprima lasciai perdere, ma non volevo darmi per vinto e chiamai l'amico Diego Pizzimenti, cantore e suonatore di strumenti tradizionali, il quale mi svelò l'arcano: io sono mancino! E' non è un dettaglio da poco, se tutti i suonatori che si conoscono non lo sono. Mi suggerì di invertire l'ordine dell'accordatura e di proseguire. Andò subito meglio. In seguito conobbi l'etnomusicologo Ettore Castagna, già membro dei Re Niliu, grande suonatore e conoscitore della lira calabrese; presi parte ai suoi stages ed affinai la tecnica sullo strumento.

A quale canzone dei TP sei particolarmente legato e perché?

Limitarmi ad un unico brano è impossibile! Ognuno è particolare a modo suo, e ce ne sono parecchi che mi diverto a suonare. Ad esempio, un pezzo che adoro è "Comu si gira comu si balla", perché non si limita al popolare: è rock, è black… è ciò che vuoi a seconda dello stato d'animo in cui lo senti! Colpisce anche l'orecchio meno abituato alla musica tradizionale, riesce a spaziare...

Qual è il tuo sogno (musicale) nel cassetto?

Lo vivo ogni giorno: il solo fatto di poter vivere di questo lavoro fino all'ultimo è un sogno! Con la MUSICA ogni giorno che passa si scoprono nuove cose, si aprono nuovi orizzonti; non finisce mai di stupire, è una parola che racchiude tante di quelle cose che non basterebbe una vita a scoprirle. E' questo che mi fa andare sempre avanti e sognare.

6 commenti:

  1. che belle parole..... mi è proprio piaciuta questa intervista! anche per i riferimenti al viaggio come esperienza che porta a preziose conoscenze!!

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  2. Il paesino dove suonarono assieme per la prima volta Alfredo e Mimmo Cavallaro si chiama San Calogero.
    MarcoG

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  3. Alfredo..."un pezzo del mio cuore". Una persona speciale che fa della sua vita un'arte armoniosa.Quando la musica diventa una vocazione, la vita non può che rispecchiare questo "suono".Proprio questa è la vita del mio "adorato" Alfredo.

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  4. alfredino ke dire lo sai ke penso su di te.....mi sa ke se ne sono accorti in molti..... tutte quelle sudate e sacrifici a studiare sono serviti ma e' stato facile per me perke' avevo un allievo ed un amico con immenso talento.con stima Luca Scorziello

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  5. Alfredo ha nelle sue mani una energia speciale, è lui che traduce le cadenze ed i battiti del cuore e le trasforma in suono,è lui che le tramuta in quella musica che i Taranproject regalano nelle notti magiche e che diventa melodia, è lui che segna il passo delle tarante quando l'emozione si fa ballo, il sogno si fa realtà, la tristezza si fa gioia.
    Giuseppe Cricrì

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  6. Musicista eccezzionale!!!!

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