Sulle pagine del “Danza cu lu ventu...” Francesco Franco ci racconta la serata di domenica 2 gennaio a Gioiosa:
“Scatenatissima la chitarra di FRANCESCO LOCCISANO ieri sera al Blue Dahlia, locale storico ma molto piccolo dove, stipati come sardine, abbiamo assistito alle acrobazie di Francesco e di Mico Corapi che, con la sua aggiunta vocale 'strascicata', sembra un personaggio improvvisamente balzato fuori dalla tradizione…
Presente Fabio MACAGNINO e, ospite d'onore della serata, il nostro MIMMO CAVALLARO; tutti insieme a ricordare i trascorsi comuni, e quasi a ricostituire per un momento i TaranKhan. Mimmo ha partecipato proponendo insieme agli altri una bella, ritmata e grintosa Li boni festi.”
Ecco quando non possiamo non invidiare chi abita nella Locride: solo a loro capita di partecipare a situazioni estemporanee come questa, in cui si ritrovano a suonare assieme tre quinti dei TaranKhan, con lo squisito contorno dell'istrione Mico e dell'ottimo Vincenzo Oppedisano.
Tutto inestimabile valore aggiunto, ad una serata che già di suo, ne siamo sicuri, è stata di quelle da ricordare: era la presentazione al Blue Dahlia, che può considerarsi il Tempio consacrato dell'Unda Jonica - un po' come il Marquee per il rock inglese o il CBGB's per il punk americano – di un cd che sta mietendo acclamazioni entusiastiche dalla critica, dal pubblico, dagli ascoltatori in qualsiasi contesto.
Si parla di “Battente Italiana”, di Francesco Loccisano, un disco che non può passare inosservato: per la qualità artistica dell'autore e degli esecutori, per la cura amorevole e la lucida sensibilità con cui è stato pensato e costruito, ma più di tutto per il suo essere diverso, felicemente lontano dagli stilemi della musica usualmente presente sul mercato; portatore (sano!) di quella specificità musicale locridea che, dopo anni di oscura incubazione, sta finalmente proponendosi allo sguardo di un pubblico più vasto: con Francesco Loccisano, con i TaranProject di Mimmo naturalmente, e presto anche con gli Scialaruga di Fabio e con Mujura Stefano Simonetta. Quattro prospettive rivolte ciascuna ad un originale cammino di ricerca, ad una personale visione; eppure quattro facce di uno stesso prisma, che in un tempo non lontano si chiamò TaranKhan, che in tal guisa raccolse la luce della tradizione e la coagulò in innovazione, e ora la sta riverberando in fantasmagorie di colori che non hanno certo finito di stupirci.
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