No, non ci siamo votati improvvisamente alle politiche finanziarie e alle analisi econometriche, e la sigla non sta, come avete pensato, per Standard & Poor's, la temibile agenzia di valutazione che dà i voti, e sovente brutti, ai sistemi creditizi nazionali.
No, S & P sta, è ovvio, per Sacro et Profano, il nuovo doppio cd di Mimmo Cavallaro che ci fa compagnia da qualche mese, e sul quale è ora di spendere due parole.
L'idea che è alla base del progetto, la ripartizione dei brani in due filoni, le scelte musicali, di arrangiamenti ed esecutive sono state illustrate da Mimmo stesso in varie occasioni, ad esempio in questa ampia intervista.
Il risultato è uno splendido catalogo della musica popolare della Locride, unico nel suo genere. La voce di Mimmo è protagonista incontrastata, e il discorso si potrebbe chiudere qui, perché tanto basta a decretare l'eccellenza del disco.
Ma oltre all'incanto vocale, al veder realizzato in copiosa abbondanza quel che tre anni fa, parlando del primo disco di Francesco Loccisano e in particolare del brano "Samuele", avevamo sognato, e cioè un intero cd con i ricami virtuosi della battente di Francesco e gli infiniti colori della voce di Mimmo, qui c'è ben di più.
Con quest'opera Mimmo Cavallaro ha compiuto per la musica della sua terra un passo che lo accosta a quel che Roberto Murolo fu per la canzone napoletana: si propone come l'interprete capace di depurare le canzoni popolari dei cascami folkloristici che a volte le ammorbano, distillarne l'essenza poetica, porgerle con una dizione canora alta e consapevole, che fa della sobrietà e dello spessore espressivo la sue cifre definitive.
Una menzione speciale merita il terzo artefice del progetto, un Andrea Simonetta più che mai maturo e misurato, perfetto per questa dimensione riflessiva; tra gli ospiti che si alternano qua e là assai incisivi i fiati di Gabriele Albanese, e bentornata la lira sopraffina di Daniela Bonvento.
Non avrebbe senso, per queste canzoni, distinguere tra testo e melodia, che qui sono intrecciati e inscindibili: la poesia delle immagini e dei versi si rispecchia nelle volute sonore, e viceversa, come a formare una nuova lingua universalmente comprensibile, che ci parla dei sentimenti più semplici e profondi dicendoci le verità che sono dentro ognuno di noi.
Cento minuti di musica, 31 tracce, uno scrigno di gemme preziose. Capisco che non sempre ci sia la possibilità di ascoltarlo per intero, da cima a fondo: suggerisco allora di attivare la modalità random, lasciate che sia il vostro lettore cd a scegliere, sicuri che il pescato sarà freschissimo e di prima qualità.
Oggi, ad esempio, mi sono usciti questi brani:
La menza, diario impaziente degli spasimi di un amore insonne, a rimbalzo tra contemplazione, speranze, fantasie, ansie, trepidazioni, promesse di delizie, un'emozione diversa per ogni rintocco, fino all'alba che illumina una deliziosa colazione assieme, e un amore che ad ogni ora è così forte da fronteggiare anche il pensiero della morte.
Si pe 'bbia mi 'mbatti Giuda, intenso incontro tra Maria e lo scellerato traditore di suo figlio, la ricerca insaziabile di un dialogo impossibile, per cercare di capire l'inconcepibile, almeno nu poco parrari...
Amuri amuri, dove si celebra l'accudimento nel modo più delicato pensabile: è la cura nell'aggiustare il letto alla sera che deciderà della buona salute dell'amato che si avvolgerà in quelle lenzuola.
Senza essari chjamati, canto propiziatorio di amicizia conviviale, offerta con accorta discrezione e accolta con generosa ospitalità.
La Zza vecchja - dev'essere proprio la sorella di Zza Marianna... - che con ostinato amor proprio si pone alla ricerca della gallina che le è stata rubata, e si presenta al Mulinaro – pure lui, sarà quello di Mulinarella? – con la perentorietà di un destino inesorabile, per chiedergli conto della bravata, e imparitirgli una lezione che spiega il valore inestimabile di ciò che ci è caro.
(video da Youtube, di Domenico Meduri)
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