I nuovi Hjuri di Hjumari

I giornali riferiscono che questo è stato il settembre più caldo degli ultimi 150 anni, e si son visti gli alberi rifiorire in autunno.
La colpa è dei TaranProject.
Sono stati loro i primi a dare il la a questa primavera di ritorno: a settembre infatti sono sbocciati di nuovo i loro fiori di fiumare, con l'avvio della distribuzione nazionale del cd.

Pubblicato alla fine di agosto 2010 nella sua prima versione, miracolosamente assemblata sottraendo le ore al sonno tra un concerto e l'altro, “Hjuri di Hjumari” era da tempo esaurito.
La nuova versione, completamente rinnovata nella grafica e un pochino anche nei suoni, e arricchita di un bonus track, è dapprima apparsa quest'estate ai concerti... per andare di nuovo presto esaurita! A fine agosto non se ne trovava già più una copia.
Ma ecco finalmente la stampa ufficiale: il cd è ora disponibile presso tutti i negozi, le catene Fnac e Feltrinelli e i principali distributori su internet.
Rimando alla recensione del disco, ma vorrei soffermarmi sulle novità.

La copertina mostra, in sciccoso oro su nero, l'albero umano che è stato l'emblema del Tour 2011, ed è elegante e preziosa.
Di alcuni brani sono state registrate nuove esecuzioni, al NunuLab di Carmelo Scarfò a Mammola, mentre della masterizzazione si è occupato Fabrizio De Carolis a Roma.
E' da qui che sono scaturite alcune differenze, non grandi ma chiaramente percepibili, rispetto alla prima versione: in generale il suono è più dettagliato e limpido, i vari strumenti e le voci si distinguono con maggior nitore, è come se un'atmosfera più rarefatta e pacata invitasse ad un ascolto meno emotivo, e tuttavia di più agevole lettura; alcuni brani sicuramente ne guadagnano, e vorrei citare in particolare “U salutu”: è quello che più di tutti, in seconda fioritura, ha acquistato in fragranza e colore; liberatosi dal bozzolo di un suono che prima era un po' impastato, è divenuto una maestosa farfalla che vola in alto e risplende, una delle vette del cd.
Sicuramente con queste sonorità che valorizzano le chitarre e sacrificano un po' i bassi, più orientate alla dimensione pop, con le meravigliose voci di Mimmo, Cosimo e Giovanna in primo piano e molto ben caratterizzate, il disco avrà più facile accesso ad un orecchio che non conosca già le canzoni e i musicisti.
Forse si è in parte attenuato l'impatto epico, la travolgente vitalità della prima edizione, i TaranProject appaiono un po' meno “cervo uscito di foresta” (perdonatemi la citazione insolita: così l'allenatore di calcio Vujadin Boskov descrisse, una ventina d'anni fa, lo stagliarsi palla al piede, sulla soglia dell'area avversaria, dello straripante campione Ruud Gullit), ma d'altra parte il prodotto finale che qui risulta è il perfetto biglietto di presentazione da indirizzare a una platea nazionale.

Soprattutto, c'è da dire del brano in più: si tratta nientemeno che di “Stilla Chjara”, la canzone che più di ogni altra commuove e trascina il pubblico, e che da sempre segna uno dei momenti magici del concerto. Fa un certo effetto sentirla per la prima volta suonata in studio, dopo che in decine di occasioni l'abbiamo ascoltata, vissuta, goduta dal vivo, cantata in coro nelle piazze, in innumerevoli repliche di un originale che fino a oggi non c'era. Adesso c'è, ed è splendente intensa e compiuta, ricca della sapienza maturata in questo suo nascere a rovescio, a suggello di una gloriosa milizia carica di onori: non è stata impresa da poco cristallizzare una Stilla Chjara definitiva, eppure Cosimo c'è riuscito con un'interpretazione magistrale (cantando in un solo take tutta la canzone! - ci hanno raccontato), mentre la pipita di Gabriele vi ha apposto quel sigillo arabescato che la rende perfetta.

Mi resta un'ultima riflessione, a distanza di sedici mesi dalla comparsa di questi brani:
in prospettiva, risalta più che mai lo straordinario atto creativo con cui i TaranProject hanno saputo crescere rispetto al loro precedente repertorio, acclamatissimo e vincente; con coraggiosa passione hanno proposto una dozzina di canzoni ben più complesse ed elaborate, ricche di sfaccettature nuove e arrangiamenti inediti; capaci di misurarsi con le spagne e le mulinarelle degli anni scorsi - divenute nel frattempo patrimonio usurpato da miriadi di emuli - e uscirne con la forza poetica e lo spessore artistico di uno stile personale che, lo possiamo ben dire, reca ora l'inconfondibile e inarrivabile marchio TaranProject.

Link a Tre d'amore.

4 commenti:

  1. In questa Stilla Chjara in studio c'è una strofa, ripresa recentemente dalle versioni dei tempi dei SonuDivinu, che non è riportata nel booklet del cd.
    Dice così:

    "Eu a li pedi toi vorrìa danzari,
    d’oru e d’argentu li ‘mprignai li soli.
    Bella tu si' la grasta, bella, ed eu lu hjuri,
    rreggina resti tu di me' penzeri,
    rreggina rresti tu, bella, di me' penzeri."

    Questa è la traduzione:
    “Vorrei danzare ai tuoi piedi,
    d’oro e d’argento ho impregnato le suole.
    Bella, tu sei il vaso ed io il fiore,
    resti tu la regina dei miei pensieri.”

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  2. bellissima strofa! regina resti tu di mè pinzeri!
    PS: ho ritrovato strofe di Stilla Chiara sparse qua e là....

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  3. Segnalo la recensione del cd apparsa sul numero di novembre del mensile "Blow Up - Rock e altre contaminazioni", il miglior periodico musicale italiano, a firma Piercarlo Poggio.
    Riporto alcune frasi:
    "I TaranProject firmano un primo disco che non li farà ricchi, ma è un buon biglietto da visita per girare il mondo, e non solo il Sud Italia dei concerti-riserva garantiti."
    "Nei loro brani l'aspetto tradizionale è chiaro e forte, offerto secondo maniere eleganti e delicate, ma è sostenuto da un basso elettrico e da percussioni che lo rendono assimilabile anche a un pubblico meno di parte."
    Bene, dunque teniamoci pronti per il successo internazionale!

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  4. Un'altra recensione del cd è sul sito Strategie Oblique, a firma Roberto Paviglianiti:

    http://strategieoblique.blogspot.it/2012/01/mimmo-cavallaro-cosimo-papandrea.html

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