Presento questa canzone, non molto nota agli appassionati, come un omaggio ai TaranKhan.
Si tratta di una ballata composta da Stefano Simonetta , eseguita con straordinaria finezza espressiva in questa versione registrata nel 2003 al Bosco Catalano.
Nel testo (ricostruito con l'aiuto di Giuseppina) il cantore si rivolge all'amata con il fuorviante appellativo di “zia”, offrendole il suo sentimento protettivo e fedele; un afflato di premurosa devozione lo induce a proporsi come il toccasana di tutti i mali, o le difficoltà, che possano far ombra alla felicità di lei, del suo mondo... e persino della suocera, alla quale rivolge un tenero intento di compassione servizievole.
Le figure in scena sono quelle di un bozzetto di Esopo: uccelli di varie indoli, dall'orgogliosa upupa alla gazza spocchiosa, dai previdenti passerotti costruttori di nidi al nero corvo maligno; e la stessa Zia Marianna, arrampicata sulla palma, sembra partecipare della loro dimensione aerea, come alla fine anche la mamma anziana, che sale sulla sua scaletta. Un riverbero di immagini volatili che dona al brano un fascino avvolgente, a cui è impossibile resistere.
La melodia è un incanto assoluto: un perfetto scintillante cammeo, che la chitarra di Francesco Loccisano intaglia con maestria, e che la viola di Daniela Bonvento adorna di stupefacenti riflessi, mentre la voce di Mimmo regna sovrana.
Questa canzone è stata riproposta di recente dai TaranProject a Locri: c'è perciò la fondata speranza che ricompaia nella scaletta del Tour estivo 2011, in partenza tra breve!
Di seguito il testo, nei commenti la traduzione in italiano.
Zia Marianna
Cu ti lu diss'a tia ca non ti vogghju,
fatti nu pagghjaredu ca ti pigghju.
A vitti chi stacìa sup'a na parma,
cu nu panaru dattuli cogghìa.
Ca ti li cogghju eu, zia Marianna cori meu,
ca ti li cogghiu eu, zia Marianna cori meu.
Nu pipituni cu lu beccu forti,
pirci la ligna e non voli virrina,
na carcarazza cu li gambi storti
dici ca sapi tissiri la tila.
Ca ti la tissu eu, zia Marianna cori meu,
ca ti la tissu eu, zia Marianna cori meu.
Tutti l'arcedi di la rugatura
fannu lu loru nidu a primavera.
Vinni lu corvu nigru e la mal'ura,
tutti ci li sconzau cu na svintura.
Ca ti l'aggiustu eu, zia Marianna cori meu,
ca ti l'aggiustu eu, zia Marianna cori meu!
Cu ti lu dissi ca mammata è vecchia,
e sup'a lu lettu non poti 'nchianà,
ci facimu 'na bella scaletta
mu 'nchiana e mu scindi ch'i comodi soi.
Ci facimu 'na bella scaletta
mu 'nchiana e mu scindi ch'i comodi soi.
Zia Marianna
RispondiEliminaChi te l'ha detto che non ti voglio..
fatti una capannina, che ti prendo!
La vidi che stava sopra una palma,
con un paniere raccoglieva datteri...
Te li raccolgo io, Zia Marianna, cuore mio!
Un'upupa con il becco forte
perfora la legna e non ha bisogno di trivello,
una gazza con le gambe storte
dice che sa tessere la tela...
Te la tesso io, Zia Marianna, cuore mio!
Tutti gli uccelli della tua contrada
fanno il nido a primavera,
venne il corvo nero, alla malora,
glie li sfasciò tutti, che sventura...
Te li aggiusto io, Zia Marianna, cuore mio!
Chi te l'ha detto che la tua mamma è vecchia
e non può salire sopra il letto?
Le facciamo una bella scaletta,
che salga e scenda a suo comodo.
grazie Filippo per il meraviglioso brano che ci hai messo a disposizione e per l'altrettanto fine e sapiente commento. Io posso solo dire che l'ascolto di questa canzone mi ha trasmesso un senso di pace, di calma, di armonia, mi ha proiettato in un'atmosfera incantata e rarefatta che ha fatto bene al mio spirito.
RispondiEliminaBellissima canzone, non c'è ce dire. In quanto all'interpretazione: io so che nella cultura calabrese si dà dello "Zio" oppure "zia" ad una persona particolarmente simpatica e popolare, oppure ad una persona d'età, in segno di affetto e rispetto. Così è anche nella cultura araba; il titolo di zio viene dato alle persone di rispetto. Nella canzone di Mimmo non si capisce bene perchè dare della "zia" alla persona amata, ma mi è venuto in mente che non sono rari gli esempi, in letteratura (nella vita reale non so) di personaggi che amano la loro zia. Non potrebbe essere che l'amante della "zia" sia proprio il nipote?
RispondiEliminaOppure, semplicemente, in paese la donna viene chiamata zia perchè non è più una ragazzina, e non ha marito. Pensa al personaggio di Mena nei Malavoglia; superata una certa età,la trentina, magari per problemi di famiglia, un tempo le ragazze non si sposavano più ed erano condannate ad una vita di solitudine.
La donna in questione ha paura dell'amore perchè "la mamma è vecchia".... trova la scusa! Ed inoltre "tutte le vicine di casa, anche le più brutte (u pipituni), quelle sciancate (a carcarazza)e le malelingue (u corvu nigru che rovina i piani di vita col suo malaugurio)hanno costruito il loro nido, ma lei no....
Giustissimo, Giuseppina, sembra anche a me che il tema della "paura dell'amore" sia palpabile in questo brano.. infatti nella prima immagine Zia Marianna sta sopra la palma, come se avesse paura di scendere a terra e misurarsi con un rapporto reale, e il nostro corteggiatore deve profondersi in ogni sorta di rassicurazione e lusinga per addolcirla.. in questa prospettiva, i vari uccelli mi sembrano più che altro prototipi della scelta di solitudine: u pipituni e a carcarazza, che disdegnano ogni aiuto, ed ancor più il corvu nigru, che va in giro a distruggere i nidi altrui..
RispondiEliminaHo cercato queste parole chiave perche mi venivs in mente il motivetto di una filastrocca cantato da mio padre,di Portigliola, del 1921,deceduto molti anni fa. Posso dunque aggiungere al testo le parole che ricordo, probabilmente tramandate nella tradizione orale.... Supa lu lettu non poti nchisnari... Nci facimu li scarpi d alloru mu cala e mu nchiana cu comudu suiu, nci facimu li scarpi di sita mu cala e mu nchiana comu na zita.lu pipituni... Chi vi lu dici ca nui simu assai, simu eu lu sunaturi e 102...
RispondiEliminaGrazie del contributo, molto interessante! La filastrocca di Portigliola era accompagnata da una melodia?
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