“Assettatu allu Pezzolu prima chi codava lu suli
guardavi lu castedu di Cantili,
guardavi la Serra Longa e guardavi la Serra Curta,
guardavi Stafanazzu, li pecuri e lu jazzu”
Subito è sorta, tra i fan, la domanda: ma chi è questo Stafanazzu?
Forse un pastore? Uno zampognaro? E come si sarà guadagnato questo dispregiativo nomignolo, Stefanaccio?
Io un'idea ce l'avrei, ma è un po' diversa.
L'indizio me l'hanno suggerito il verso in cui si parla del castello di Cantili e la consuetudine di Mimmo di citare nei suoi brani le località della terra natìa – penso a Ciano, Pampiniti, la Zija, Focà – poli di un microcosmo sospeso tra favola e realtà.
Come mettere alla prova quest'intuizione? Mi sarebbe piaciuto partire da Caulonia e inoltrarmi per boschi e sentieri, alla ricerca di questi luoghi della memoria rurale. Impossibile, da 1300 kilometri di distanza.
Però al giorno d'oggi la tecnologia ci soccorre, e così mi sono incamminato ...sulle strade di Google Earth!
E mi sono imbattuto in paesini e contrade, alcune addirittura abbandonate e diroccate, una sfilza di topònimi arcaici, e tra questi... Cantile: eccolo, il castedu di Cantili!
E poi ...Pezzolo: sì, assettatu allu Pezzolu!
E allungando idealmente lo sguardo di là dalla fiumara Allaro, ecco una contrada di nome ...Stefano!
Apparentemente sta adagiata sulle pendici di un rilievo: che sia questo colle, o monte, il nostro Stafanazzu? Sembra verosimile, che da contrada Pezzolo si possa osservare in lontananza contrada Stefano, e nelle vicinanze si scorgano le pecore, e l'addiaccio - che, per chi non lo ricordasse, è il recinto all'aperto dove i pastori radunano gli ovini per la notte.
Non resta che attendere conferma da qualche lettore autoctono.
Ma intanto cedo la parola al mio amico Giuseppe di Palmi, che ci regala questa lettura appassionata e competentissima del testo, ricca di dotte spiegazioni e succosi riferimenti:
"La canzone 'Stafanazzu' dell’ultimo cd dei Taranproject “Rolìca”, scritta e musicata da Mimmo Cavallaro, è, a mio avviso, un brano della rimembranza e della nostalgia.
All’inizio si sentono le voci di due persone giovani che invitano un uomo anziano ad entrare in casa:
- Trasitivindi pe intra (entrate dentro)
- A sociara chi fa? ( la suocera che fa?) (non si comprende bene se sia sociara o socialìa) - Ah nu biccheri i vinu, jamu! ( “assaggiate” un bicchere di vino, dai!)
L’anziano risponde : Va mangia! ( vai a mangiare!)
e il giovane : Assettativi! ( Sedete pure!)
e l’anziano: …se non avia mangiatu…mo m’assettu ccà o suli (…se non avessi mangiato… ora mi siedo qui, al sole.)
L’anziano si siede vicino alla finestra ed immerso nella propria solitudine inizia a guardare fuori.
Le immagini che ritornano alla sua mente sono diverse da quelle del presente, sono immagini della sua infanzia, dei Natali vissuti nel passato, nei quali, da bambino, sempre affacciato da quella stessa finestra, assisteva all’epifania della festa.
Tutto inizia mentre assiste alla preparazione di un otre (ottenuto da una capra che viene scuoiata e scorticata e conciata).
Prepari, prepari l’otre, si avvicina la festa ed il giorno di Natale lo passi alla finestra.
Scuoi, scuoi l’otre, ed imbevi (inzuppi) la rametta, il suono della zampogna ti rimane in testa.
Seduto sulla soglia (dell’uscio), prima che l’ultima lama (codata) di sole fosse svanita,
guardavi il castello di Cantile, guardavi il crinale montuoso dell’appennino, (la Serra lunga e la Serra corta) che si avvicendavano, e poi il tuo sguardo cadeva sull’ovile vicino, ove Stafanazzo teneva il ricovero delle sue pecore.
(E qui bisogna capire se, come ipotizzi tu Filippo, Stafanazzu non sia una persona ma un luogo, una contrada, in tal caso il soggetto potrebbe essere l’anziano che ricorda di quando, a Stafanazzo, era lui stesso a guardare le pecore. Come stiano effettivamente le cose, solo Mimmo ce lo può dire).
Ricorda ancora il vecchio, a quel tempo:
I colombacci ed i colombi (venivano cacciati) ed il fucile era a bacchetta, (ad avancarica).
(Ricorda) I ceci e le fave (abbrustoliti) ed una bella ragazza, ancora nubile.
Un tiro di schioppo, fra uno scapaccione ed una berretta (Copricapo maschile).
Un carico di farina ed un rombo di saetta.
Prepari, prepari l’otre, si avvicina la festa, il giorno di Natale (arrostisci il tordo; frase scritta nel testo ma assente nella canzone.)
A questo punto il vecchio ricorda e rivede le antiche filastrocche di una volta che dicono:
Cantiamo il buon cantare, so mietere e non legare,
non è mietere il legare, non è tuono, non è tuono.
Non è tuono la lumìa (specie di limone dolce), che la notte non fa per me.
E non fa per me la notte, che le stelle non son botte.
E non son botte le stelle, al casale cento e mille.
Cento e mille al casale, al convento non c’è sale.
Non c’è sale al convento, il medaglione (non ha tregua) non si ferma,
Non si ferma il medaglione, il denaro non lavora.
Non lavora il denaro, (poi)ché il vino non costa caro,
e non costa caro il vino (poi)ché la capra non è risina (mastite degli ovini, malattia che li colpisce fino a farli morire).
La risina non è la capra, la colomba non è ape.
Non è ape la colomba, la ciaramella non è tromba.
Non è tromba la ciaramella, (per)ché non è femmina bella,
e le femmine d’agosto, che l’aceto non è mosto.
E non è mosto l’aceto, (per)ché il pane non è di vetro,
non è di vetro il pane, (per)ché i topi non sono cani,
e non sono cani i topi, zappatori non sono giudici,
non son giudici gli zappatori..."
Nei commenti sono registrate conferme e raffinamenti delle varie ipotesi interpretative.
E c'è uno straordinario scoop!
Di chi sono le voci che dialogano all'inizio? Leggete, leggete...
Link al testo di Stafanazzu
L'anziano non è altri che il nonno materno di Mimmo..Pasquale Portaro che era un gran suonatore di zampogna..La canzone è quindi incentrata sul suo personaggio..
RispondiEliminaSto piacevolmente ascoltando e riascoltando "Stafanazzu" ed ho l'impressione che all'inizio, la seconda battuta del giovane sia:"a sociali chi fati?" alludendo ad un luogo di socialità, o una società operaia, ( una sorta di dopolavoro, luogo d'incontro dove si socializza e si gioca a carte).
RispondiEliminaMi rimane un'altra perplessità,che riguarda la frase " 'mboni la rametta", termini verosimilmente tecnici, usati nel linguaggio dei pastori che usavano conciare le pelli dei loro animali.('Mboniri o come diciamo noi tirrenici "palmesi" 'mbunari, significa inzuppare, far si che qualcosa sia imbevuto di un liquido) la rametta potrebbe essere una pianta, una essenza o un attrezzo atto all'uopo dello scuoiamento o della concia.
Comunque voglio aggiungere che questo brano mi emoziona anche perchè in esso ravviso come un richiamo ancestrale, un eco, che mi riporta ad un mondo bucolico, persino arcadico, oramai quasi scomparso, nel quale le radici della calabresità convivono con la sempicità del mondo rurale.
Giuseppe Cricrì
Le conferme riguardo a Stafanazzu sono arrivate puntuali da Facebook, grazie a Santo e Vincenzo: si tratta proprio di una montagna, e anche il Castello di Cantile è una vetta.
RispondiEliminaStraordinaria la rivelazione dell'Anonimo qui sopra! La canzone parla dunque del nonno di Mimmo...
Solo per precisare ASSETTATU A LU PEZZOLU vuol dire seduto su uno scalino.marciapiede non da contrada pezzolo almeno credo perche' qui pezzolu si intende un gradino. vincenzo
RispondiEliminaLa mia interpretazione di "assettatu a lu pezzolu"(a Palmi diciamo "Pizzòlu") come si può leggere sopra è: "seduto sulla soglia (dell’uscio)". Che concorda con la precisazione dell'amico Vincenzo che lo indica con il significato di "scalino", anche se io immagino che nella canzone sia riferito non già ad un generico marciapiede(in quel caso avrebbe usato l'articolo indeterminativo, nu = un) ma piuttosto al familiare gradino della porta di casa, della soglia quindi, ( Lu = il - pezzolu)
RispondiEliminaGiuseppe Cricrì
Aggiungo che le altre voci..sono di Mimmo che invita il suo nonno a entrare e il padre di Mimmo che domanda della suocera..Altre precisazioni: pezzòlu è una sorta di panchina in cemento simile a uno scalino come detto già sopra.. Pèzzolo è invece la frazione di Caulonia;la "sajitta" è invece uno strumento usato per macinare la farina..
RispondiEliminaSi, in effetti la "sajitta" oltre che freccia, saetta e lampo, può essere un canale per raccogliere l'acqua piovana, ma anche la doccia del mulino, il punto del canale in cui l'acqua cade sulla ruota del mulino facendola girare, provocando quindi il rombo,il rumore dello scroscio e della rotazione.
RispondiEliminaGiuseppe Cricrì
La rametta è l'ancia doppia della zampogna, simile a quella della ciaramella, fatta di canna. Essa per poter funzionare al meglio deve essere bagnata ed imbibita('mbonata) con un liquido, (saliva, acqua, vino). La sua vibrazione amplificata dalle canne produrrà il suono.
RispondiEliminaGiuseppe Cricrì
mboli.. da bolo .. inumidisci l'ancia
RispondiEliminaSi... "mboni la rametta" sicuramente è è riferito ad inumidire l'ancia di canna della pipita e della zampogna con l'acqua, ma qualche zampognaro antico ed esperto dice che se lo si fà col vino tutto suona meglio...provare per credere.
RispondiEliminax favore mi sapreste dire dove posso trovare il testo della canzone stafanazzu? grazie fate in fretta.. =) gimmy..
RispondiEliminaCHISTA CANZUNI MI FACI RICURDARI I BEI TEMPI....DOVE TUTTU ERA SEMPLICI, E SI TRUVAVA U TEMPU PE APPREZZARI PURU I PETRI... <3 STUPENDO MIMMO CAVALLARO, NESSUNO COMU IDDU... SALUTI DA LA TERRA CHIU BELLA DI LU MUNDU!!!
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